Il 2021 di Arbitrato in Italia

L’anno che si è concluso ha portato interessanti novità, per la comunità arbitrale italiana nel suo complesso, e per i lettori di questa piccola Rivista.

Cominciamo dalle prime. La l. 26 novembre 2021, n. 206, come noto, ha conferito al Governo la delega non solo per riformare il processo avanti il Giudice statuale, ma anche per intervenire sugli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e in particolare, per quel che più interessa ai nostri lettori, sull’arbitrato.

Il rafforzamento delle garanzie di imparzialità e indipendenza degli arbitri appare più che mai opportuno, anche considerando la rilevanza numerica, nel nostro ordinamento, degli arbitrati ad hoc, a tacere della pronunzia della Corte europea dei diritti dell’uomo nella vicenda BEG v. Italia.

Finalmente, poi, si prevede l’attribuzione di poteri cautelari agli arbitri, sia pure con una serie di limitazioni e cautele che paiono forse eccessive.

Altre disposizioni specifiche (esecutività del decreto ex art. 839 cod. proc. civ. ed equiparazione del termine lungo per impugnare un lodo a quello per impugnare una sentenza; e ancora, espressa disciplina della translatio iudicii e previsione dei criteri per la nomina degli arbitri da parte dell’Autorità giudiziaria) paiono poter contribuire positivamente alla disciplina dell’arbitrato.

Dispiace soltanto che si sia persa l’occasione del riordino della disciplina dell’arbitrato societario per colmare le sue lacune e dirimere le questioni rimaste ancora controverse.

Passiamo ora alle novità riguardanti questa Rivista. Se il numero di articoli pubblicato ha subito una leggera flessione rispetto all’anno precedente, sia pure con un aumento del numero di autori, ciò è in parte dovuto alla realizzazione di un ambizioso progetto. Quello che inizialmente era stato configurato come un mero archivio di giurisprudenza in materia di arbitrato si è infatti tramutato in un massimario. Sono presenti più di mille decisioni, rese dalla Corte di Cassazione e dai Giudici di merito, nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021. Ognuna di queste decisioni è accompagnata da una massima, così da facilitare il lettore nell’individuare quelle di suo interesse. Inoltre, a partire dalle decisioni pubblicate nel corso dell’anno 2021, sono specificamente segnalate quelle rese – mutuando una felice espressione degli ordinamenti di common law – “per incuriam“, ossia in contrasto con chiari dettati normativi o consolidati orientamenti giurisprudenziali, salvo che tale contrasto non sia dovuto all’esplicita intenzione di rimeditare tali orientamenti.

Si tratta di uno strumento, la cui realizzazione è resa possibile dall’esistenza dell’Archivio Giurisprudenziale Nazionale e dell’archivio on line della Corte di Cassazione, che si auspica possa dimostrarsi prezioso per la comunità arbitrale italiana nel suo complesso; e pure – perché no – per professionisti stranieri, che abbiano l’opportunità (o la necessità) di confrontarsi con il diritto italiano dell’arbitrato.

Arbitrato contumaciale

Un tema di una certa rilevanza pratica, sul quale non sono però numerosi i precedenti editi, è quello dell’arbitrato contumaciale, ovvero – con terminologia più corretta – del giudizio arbitrale in cui si realizza una situazione corrispondente a quella che nel giudizio avanti il Giudice statuale dà luogo alla contumacia.

La dottrina in passato si è occupata dell’argomento, sviluppando tre tesi: la prima, secondo la quale è ammissibile in un procedimento arbitrale tale situazione; la seconda, secondo la quale, al contrario, tale situazione viene esclusa; e la terza, che appare preferibile, ad avviso della quale è necessario compiere un’operazione esegetica che consenta di individuare quelle norme che, dettate dal legislatore con espresso riferimento al giudizio contumaciale avanti il Giudice statuale, siano nondimeno compatibili con il procedimento arbitrale.

La giurisprudenza – come detto, non numerosa – tende invece a ripetere tralatiziamente la massima, secondo la quale non è configurabile, da un punto di vista tecnico-giuridico, la contumacia nel procedimento arbitrale (v.si Cass., Sez. I Civ., 2 febbraio 1978, n. 459; Cass., Sez. I Civ., 28 gennaio 1982, n. 563; Cass., Sez. I Civ., 19 gennaio 1984, n. 465; Cass., 15 marzo 1986, n. 1765; Cass., Sez. I Civ., 11 luglio 1992, n. 8469; Cass., Sez. I Civ., 16 novembre 1992, n. 12268, tutte rese in procedimenti di delibazione di lodi arbitrali stranieri; nonché Cass., Sez. I Civ., 2 settembre 1998, n. 8697 e Cass., Sez. I Civ., 29 gennaio 1999, n. 787, rese invece in procedimenti di impugnazione di lodi domestici).

Appaiono pertanto molto interessanti due recenti pronunzie, una di legittimità e l’altra di merito, entrambe rese in procedimenti di impugnazione di lodi arbitrali pronunciati all’esito di un giudizio arbitrale domestico che, con formula sintetica ancorché approssimativa, può essere definito ‘contumaciale’.

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Le vie parallele alla prova pratica

Una recente decisione della Corte d’appello di Milano (C. App. Milano, 23 giugno 2021, n. 1946, disponibile qui) esamina un tema di grande interesse, e di una certa rilevanza pratica, in relazione al quale però sono rari i precedenti editi: quello del rapporto tra un procedimento arbitrale e un parallelo procedimento avanti il Giudice statuale avente il medesimo oggetto (caso poi complicato dalla circostanza che, nella specifica vicenda, il procedimento statuale era un procedimento penale).

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Il (nuovo?) progetto di riforma

La riforma del processo civile, come è stato ampiamente riportato dai media generalisti, è oggetto di un disegno di legge delega di iniziativa governativa (AS 1662, disponibile qui). Sull’impianto immaginato dal precedente Governo, il nuovo ha dichiarato la sua intenzione di intervenire, in maniera più o meno radicale.

Nei giorni scorsi, sono circolate le bozze degli emendamenti che il Governo avrebbe intenzione di proporre, accompagnati da una relazione illustrativa (disponibili, rispettivamente, qui e qui).

L’articolato contiene una disposizione espressamente dedicata all’arbitrato (art. 11), sulla quale si possono compiere alcune riflessioni.

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Arbitrato multiparti

L’arbitrato costituisce, sia da un punto di vista storico che in una buona parte delle sue manifestazioni, un meccanismo di risoluzione delle controversie che si possono definire a struttura semplice, o bilaterale: controversie, in altri termini, che vedono tra loro contrapposte due parti, una che nel procedimento assumerà le vesti della parte attrice, e l’altra che invece sarà convenuta.

Non a caso, il modello legale di formazione del Tribunale arbitrale, contenuto nell’art. 810 cod. proc. civ., riflette questa struttura binaria e prevede che ciascuna parte nomini un arbitro e che il terzo arbitro sia nominato congiuntamente dagli altri due.

Non sono però infrequenti i casi in cui la controversia abbia una struttura complessa, vuoi perché le parti del rapporto oggetto della cognizione arbitrale sono più di due, vuoi perché in un momento successivo alla conclusione del patto arbitrale si realizzano fenomeni che aumentano il numero di parti: un esempio evidente è il caso della successione, per effetto della quale a un dante causa subentrano due o più successori.

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Ultrattività o autonomia della clausola compromissoria?

Due provvedimenti, praticamente contemporanei, resi da due Tribunali sono giunti a conclusioni opposte.  Si tratta delle sentenze del Tribunale di Catania n. 1020 del 13 marzo 2020 (disponibile qui) e del Tribunale di Milano n. 2091 dell’11 marzo 2020 (disponibile qui).  Entrambi questi provvedimenti hanno seguito lo schema motivazionale di cui all’art. 118, co. 1, disp. att. cod. proc. civ.  Essi, in altri termini, sono entrambi motivati con il richiamo a precedenti.

Occorre quindi di verificare se i due Tribunali abbiano fatto buon uso dei precedenti da loro indicati.

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Principio di autonomia

Il principio di autonomia della clausola compromissoria è oggi universalmente riconosciuto, dopo essersi affermato nel corso della prima metà del XX secolo: dapprima in alcuni ordinamenti e successivamente in altri.

Per impiegare le parole del nostro legislatore, esso può essere sintetizzato così come segue: “La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto cui si riferisce” (art. 808, co. 2, cod. proc. civ.).

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