Arbitrato societario: limiti oggettivi

Roberto Oliva

Una serie di recenti pronunzie, rese dal Tribunale di Milano (Trib. Milano, ordinanza 14 febbraio 2017, disponibile qui; Trib. Milano, sentenza n. 2045 del 20 febbraio 2017, disponibile qui) e dal Tribunale di Roma (Trib. Roma, sentenza n. 3398 del 21 febbraio 2017, disponibile qui), consentono di svolgere alcune sintetiche riflessioni in punto limiti oggettivi dell’arbitrato societario, con riferimento all’arbitrabilità di alcune particolari controversie.

Il primo provvedimento in esame è una ordinanza resa dal Tribunale di Milano in un procedimento ex art. 702/bis cod. proc. civ. promosso da un socio di una società in nome collettivo per veder accertato l’intervenuto scioglimento, per impossibilità del conseguimento dell’oggetto sociale, della società stessa.

L’altro socio si è costituito in giudizio e ha eccepito, tra l’altro, l’incompetenza del Giudice statale, poiché lo statuto della società conteneva una clausola compromissoria che prevedeva la devoluzione in arbitri di ogni controversia “in ordine alla interpretazione, all’esecuzione, all’efficacia ed in genere alle sorti dei patti di cui al presente contratto sociale“.

Il Tribunale di Milano ha rigettato questa eccezione, osservando che la controversia sottoposta al suo esame (relativa alla sussistenza di una causa di scioglimento della società) è una controversia non arbitrabile, in quanto non riguarda solo il personale interesse dei soci ma anche (e soprattutto) l’interesse generale al mantenimento in vita della società, interesse questo riferibile anche a terzi e quindi indisponibile da parte dei soci, come già affermato dalla Suprema Corte (Cass., Sez. I Civ., 19 settembre 2000, n. 12412).

La seconda e la terza pronuncia in esame (Trib. Milano, sentenza n. 2045 del 20 febbraio 2017 e Trib. Roma, sentenza n. 3398 del 21 febbraio 2017), rese a distanza di un solo giorno, riguardano lo stesso tema, che viene risolto dai due Tribunali nella stessa maniera.

In entrambi i casi, una procedura concorsuale aveva proposto azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, dei sindaci e dei revisori contabili della società in bonis.  In entrambi i casi, era stata sollevata eccezione di incompetenza del Giudice statale, in forza di clausola compromissoria contenuta nei rispettivi statuti sociali.  E in entrambi i casi il Tribunale ha respinto questa eccezione: l’azione di responsabilità esercitata dal curatore della procedura concorsuale ha infatti una natura ibrida.  Essa, in altri termini, costituisce la somma dell’azione sociale di responsabilità (che ha natura contrattuale, rinviene la sua fonte nel contratto sociale ed è pertanto arbitrabile) e dell’azione di responsabilità promossa da creditori e terzi nei confronti degli amministratori (che ha natura extracontrattuale, rinviene la sua fonte nella legge e non è arbitrabile in forza di una clausola compromissoria statutoria – fermo restando, ma sul punto le pronunzie in commento non si soffermano, la sua arbitrabilità in forza di uno specifico compromesso).  Il tema era stato recentemente affrontato dalla Suprema Corte (Cass., Sez. I Civ., 4 dicembre 2015, n. 24715, disponibile qui), al cui orientamento i Tribunali di Roma e Milano si sono conformati.

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