Arbitrato e nullità di delibere societarie

Roberto Oliva

Non sono passati molti giorni dalla segnalazione su questo blog di una sentenza del Tribunale di Roma che si esprime, sia pur implicitamente, in materia di arbitrabilità delle controversie societarie relative all’impugnazione di bilancio.  Il Tribunale di Firenze consente di ritornare sul tema, sul quale si è espresso in maniera esplicita (Trib. Firenze, 3 luglio 2017, n. 2416, disponibile qui).

La vicenda decisa dal Tribunale di Firenze riguarda l’impugnazione di una deliberazione di aumento di capitale sociale deliberata dall’assemblea di una società a responsabilità limitata.

Secondo il socio attore, questa delibera sarebbe stata viziata per due ordini di ragioni.

Innanzi tutto, essa sarebbe stata adottata in assenza di sua convocazione e sarebbe pertanto nulla.

In secondo luogo, la situazione patrimoniale posta a fondamento della delibera di aumento di capitale avrebbe contenuto informazioni non veritiere.

La società si è costituita in giudizio e ha innanzi tutto eccepito l’incompetenza del Giudice statale, in forza della clausola compromissoria contenuta nel suo statuto, ai sensi della quale sono devolute in arbitrato “tutte le controversie tra la società ed i soci, o fra i soci fra loro, comprese le controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti, e quelle relative alla validità di delibere assembleare, connesse all’applicazione ed all’interpretazione del contratto sociale, aventi ad oggetto diritti disponibili, fatta eccezione per le controversie rimesse alla competenza esclusiva dell’autorità giudiziaria o per le quali la legge prevede l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero“.

Il Tribunale di Firenze ha accolto tale eccezione e ritenuto che competente a conoscere dell’impugnativa proposta dal socio attore fosse il Tribunale arbitrale previsto dalla clausola compromissoria statutaria.

L’omessa convocazione di uno o più soci comporta, come noto, la nullità della delibera assembleare (art. 2379 cod. civ.).  Si tratta però di una nullità sanabile: essa invero può e deve essere fatta valere entro un termine perentorio (tre anni: art. 2379 cod. civ.), decorso il quale la delibera non può più essere rimossa.  E la controversia relativa a una nullità sanabile di una delibera assembleare è pacificamente ritenuta arbitrabile.  Sono infatti molteplici i precedenti giurisprudenziali che sul punto vengono richiamati dal Tribunale di Firenze.

Più interessante è il ragionamento compiuto dal Tribunale di Firenze con riferimento alle irregolarità contabili denunziate quale motivo di invalidità della delibera impugnata.  La sentenza in commento, infatti, ha rilevato che queste irregolarità sono anch’esse sanabili, per il decorso dei termini di cui all’art. 2379/ter cod. civ. (“(…) l’impugnativa (…) non può essere proposta dopo che siano trascorsi centottanta giorni dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di mancata convocazione, novanta giorni dall’approvazione del bilancio d’esercizio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita“).  E dalla possibilità di sanatoria dell’invalidità ha fatto discendere l’arbitrabilità della relativa controversia.

Ancora una volta, un Giudice di merito è giunto a quella che, a mio avviso, è la soluzione corretta del tema (ne ho parlato più volte, ad esempio qui).  La mia speranza è che questo orientamento giurisprudenziale possa consolidarsi e comportare finalmente un mutamento dell’avviso, purtroppo al momento di segno contrario, della Suprema Corte.

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