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Un tema molto interessante è quello del litisconsorzio necessario in arbitrato. Esso è parzialmente disciplinato dalla legge (artt. 816-quater e 816-quinquies cod. proc. civ.) e sono noti i turbamenti (per usare l’espressione di un’autorevole Autrice) che può portare la sua realizzazione nel corso del procedimento arbitrale.
Cosa accade invece in caso di mancata realizzazione, durante l’arbitrato, del contraddittorio con il litisconsorte pretermesso? Una possibile risposta viene fornita dalla Corte di Appello di Campobasso, in una sua recente pronunzia (n. 367 del 7 novembre 2019, disponibile qui).
Il caso deciso dalla Corte di Appello riguardava un arbitrato societario. Un socio di una società a responsabilità limitata aveva promosso nei confronti del liquidatore azione di responsabilità ex art. 2476 cod. civ. (applicabile anche ai liquidatori in virtù del richiamo operato dall’art. 2489 cod. civ.). La società non era però stata coinvolta nel procedimento arbitrale. Il liquidatore, soccombente in arbitrato, ha impugnato il lodo lamentando la violazione del contraddittorio, che sarebbe consistita nella pretermissione della società, litisconsorte necessario.
La Corte di Appello ha respinto la domanda, con una motivazione che non mi sembra del tutto soddisfacente, anche se forse perviene a un risultato in linea con i più recenti orientamenti giurisprudenziali.
Rileva innanzi tutto la Corte di Appello che in realtà il litisconsorte necessario non sarebbe stato pretermesso, perché il procedimento arbitrale era stato promosso nei confronti della persona fisica del liquidatore “in qualità di liquidatore” della società, il che equivarrebbe a dire che la società era stata evocata in giudizio in persona del liquidatore. Si porrebbe semmai un problema, secondo la Corte di Appello, di rappresentanza della società da parte di soggetto in conflitto di interessi, che però non è stato dedotto come motivo di impugnazione e quindi non può essere conosciuto d’ufficio.
Mi pare che questa ricostruzione non sia corretta: parte del procedimento arbitrale era la persona del liquidatore e non la società in persona del liquidatore, come dimostrato dal fatto che la persona del liquidatore era stata destinataria della condanna pronunziata dal lodo che ha concluso il procedimento arbitrale.
Soggiunge poi la Corte di Appello che, a ben vedere, la mancata partecipazione al procedimento arbitrale di un litisconsorte necessario non integrerebbe alcuno dei motivi di nullità di cui all’art. 829 cod. proc. civ.: in particolare, non quello di cui al n. 9 (“se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio“), né quello di cui al n. 4 (“se il lodo […] ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso“).
A mio avviso, questa affermazione non è corretta: mi sembra infatti più condivisibile l’orientamento espresso dalla Corte di Appello di Milano nella sua pronunzia del primo luglio 2014 (edita su Riv. arb., 2015, p. 83 ss.), ad avviso della quale “il mancato rilievo del litisconsorzio necessario […] deve ritenersi ricompreso nelle ipotesi – previste nella seconda parte del n. 4 dell’art. 829, 1o comma, c.p.c. – in cui gli arbitri abbiano erroneamente pronunciato per l’accoglimento o il rigetto delle istanze di merito avanzata da una parte nonostante l’insussistenza di un presupposto processuale diverso da quelli considerati nell’elenco del comma 1 dell’art. 829 c.p.c.“. Dello stesso avviso è pure, d’altronde, la prevalente dottrina.
La Corte di Appello di Milano aveva poi ritenuto che, nel caso al suo esame, non ci fosse un litisconsorzio necessario e la sua pronuncia è stata poi confermata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 3481 del 23 febbraio 2016 (disponibile qui), di cui in passato mi ero già occupato (in questo post).
Più interessante è un ulteriore argomento speso dalla Corte di Appello per respingere l’impugnazione del lodo: quello secondo il quale tale impugnazione sarebbe preclusa, ai sensi dell’art. 829, co. 2, cod. proc. civ., che prevede che “la parte che […] non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo“.
Sennonché, come osservato da autorevole dottrina, il vizio del lodo derivante dalla pretermissione di un litisconsorte necessario si realizza nel momento in cui viene emanato il lodo e non può quindi essere soggetto alla disciplina appena citata.
La sentenza della Corte di Appello di Campobasso è quindi del tutto errata? Mi pare che si possa sostenere che essa è pervenuta, per una strada non del tutto corretta, a una conclusione conforme a diritto. La Suprema Corte ha recentemente affermato, proprio in un caso di contraddittorio non integro perché era stato pretermesso un litisconsorte, che la violazione delle regole processuali, per assumere rilievo, deve tradursi nella lesione di specifiche facoltà difensive, restando esclusa la necessità di regolarizzare il processo qualora non sia riscontrabile alcuna concreta contrazione dei diritti sostanziali e processuali (Cass., Sez. VI Civ., 25 luglio 2019, n. 20152, disponibile qui; e criticata in dottrina: ad esempio, qui). In altri termini: se la violazione della regola formale non ha avuto come conseguenza una violazione del diritto di difesa, essa non ha rilevanza. Nel caso di specie, la pretermissione della società litisconsorte necessario non pare aver avuto conseguenze pregiudizievoli. E allora forse, seguendo questo (pur criticato) orientamento della Cassazione, si potrebbe affermare che correttamente la Corte di Appello ha respinto l’impugnazione del lodo.
Ritengo che della vicenda tornerò a parlare tra un po’ di tempo, commentando la sentenza che verrà resa dalla Suprema Corte: mi pare probabile che verrà proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello. Le questioni da questa affrontate sono infatti senz’altro meritevoli di un ulteriore esame.