Sanzioni e arbitrabilità

Roberto Oliva

Le sanzioni adottate contro alcuni enti e individui russi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa potrebbero sollevare un problema di arbitrabilità delle controversie tra gli enti sanzionati e i terzi.

Questo non è un argomento nuovo per i professionisti dell’arbitrato internazionale, poiché è stato affrontato in passato quando la comunità internazionale ha adottato sanzioni, ad esempio, contro l’Iraq o l’Iran. Le sanzioni attuali sono in qualche modo diverse (ad esempio, non sono adottate dalle Nazioni Unite) e sono più simili a quelle adottate contro la stessa Federazione Russa in seguito all’annessione della Crimea.

La questione richiede ora ulteriore attenzione, sia per la portata delle nuove sanzioni sia per la rilevanza nel commercio internazionale di alcune delle entità sanzionate.

A prima vista, l’analisi della questione potrebbe partire dall’unico atto legislativo che affronta espressamente il rapporto tra sanzioni e procedimenti arbitrali: Il Regolamento dell’Unione Europea n. 883 del 2014, come modificato dal Regolamento dell’Unione Europea n. 1269 del 2022. Questo regolamento esclude chiaramente dall’ambito delle sanzioni le “transazioni strettamente necessarie per garantire l’accesso a (…) procedimenti arbitrali, nonché per il riconoscimento o l’esecuzione di (…) un lodo arbitrale reso in uno Stato membro“.

Il significato apparente di questa disposizione è che le sanzioni non riguardano direttamente l’arbitrato. Non è un caso che diverse istituzioni arbitrali europee abbiano accolto con grande soddisfazione l’emanazione di tale disposizione.

Tuttavia, questa prima impressione si rivela errata.

La disposizione si limita ad affermare, in poche parole, che le sanzioni non si applicano ai pagamenti effettuati dalle entità sanzionate a favore di istituzioni arbitrali, arbitri e avvocati. Il suo ambito di applicazione è molto simile a quello della licenza generale recentemente rilasciata nel Regno Unito a favore della London Court of International Arbitration. Tuttavia, questa disposizione (come la licenza britannica) non affronta la questione in oggetto, quella dell’arbitrabilità delle controversie.

In effetti, non esiste una risposta univoca.

Per chiarezza, per quanto riguarda la questione in oggetto, possiamo distinguere due tipi di giurisdizioni.

Un primo tipo di giurisdizioni – le “giurisdizioni di tipo A” – sono piuttosto conservatrici. In queste giurisdizioni, una controversia può essere deferita a un tribunale arbitrale solo se le parti sono autorizzate a disporre dei diritti sottostanti.

Il secondo tipo di giurisdizioni – le “giurisdizioni di tipo B” – sono invece più liberali. In questi ordinamenti, non importa se le parti possono disporre liberamente dei loro diritti. Una controversia può essere sottoposta ad arbitri se riguarda un interesse economico. Non è richiesto nulla di più.

Tenendo presente questa grande distinzione, è possibile fare una valutazione preliminare degli effetti delle sanzioni sulla questione dell’arbitrabilità. Le sanzioni hanno o possono avere grandi effetti – potenzialmente dirompenti – sull’arbitrato nelle giurisdizioni di Tipo A. Nelle giurisdizioni di tipo B, invece, i loro effetti sono piuttosto limitati.

Tali effetti possono verificarsi (i) prima o (ii) durante il procedimento arbitrale. La parte che ritiene la controversia non arbitrabile a causa delle sanzioni può (i) ignorare la clausola arbitrale e avviare un’azione legale presso i tribunali statali, o (ii) sollevare un’obiezione nel corso del procedimento arbitrale, o (iii) intentare un’azione legale presso i tribunali statali mentre l’arbitrato è in corso. Ma la parte soccombente può anche utilizzare l’argomento della non arbitrabilità per impedire la circolazione del lodo ai sensi dell’art. V, comma 2, lettera a) della Convenzione di New York. Nel prossimo futuro, il rischio è quello di avere una serie di lodi “zoppi”, validi ed efficaci nella giurisdizione in cui sono stati emessi ma non eseguibili in altre giurisdizioni (un problema anche ai sensi dell’art. 42 del Regolamento ICC o di altre norme simili).

Partendo dalla giurisdizione di tipo A, il primo esempio è l’Italia.

Il Codice di procedura civile italiano prevede che siano arbitrabili solo le controversie relative a diritti di cui le parti possono disporre. Se il diritto non è disponibile, se le parti non possono disporre liberamente del diritto in contestazione, la giurisdizione su tale controversia spetta solo ai tribunali dello Stato.

Sorge quindi una domanda. Le sanzioni hanno l’effetto di trasformare un diritto disponibile, come il diritto a ricevere un corrispettivo contrattuale, in un diritto non disponibile? Allo stato attuale della legislazione italiana, la risposta sembra positiva, anche in considerazione della natura di norme di ordine pubblico delle sanzioni.

In effetti, i tribunali italiani si sono già pronunciati sul punto: la Corte d’Appello di Genova nel maggio 1994 e, più recentemente, la Corte di Cassazione nel novembre 2015. Le sanzioni che allora entrarono in gioco furono quelle adottate contro l’Iraq. E in entrambi i casi la conclusione è stata che, in conseguenza delle sanzioni, i diritti sono diventati indisponibili e quindi non c’è spazio per l’arbitrato.

La sentenza della Corte d’Appello di Genova contiene anche un chiarimento molto interessante. Quando si parla di diritti di cui le parti non possono disporre in conseguenza delle sanzioni, si parla di tutti i diritti derivanti dal contratto tra l’ente sanzionato e il terzo. È incluso il diritto di chiedere la risoluzione del contratto (per forza maggiore, impossibilità sopravvenuta e così via). Infatti, come ha affermato la Corte, “altrimenti, potremmo trovarci di fronte alla possibilità (o meglio, al rischio) che le parti dispongano di diritti di cui non possono disporre a causa delle sanzioni“.

Lo stesso chiarimento è contenuto anche nella decisione della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha infatti affermato che il rapporto contrattuale deve essere valutato “nella sua interezza“, e che non è possibile distinguere tra diritti dell’ente sanzionato (di cui le parti non possono disporre) e diritti del terzo (di cui potrebbe disporre). Tutti i diritti e gli interessi derivanti dal contratto sono diritti e interessi di cui le parti non possono disporre. L’arbitrato non è possibile.

La recente riforma della legge italiana sull’arbitrato, che entrerà in vigore nel giugno 2023, non ha modificato la definizione di controversie arbitrabili. Non c’è quindi motivo di credere che i tribunali italiani cambieranno le loro conclusioni. Se hanno giurisdizione, emetteranno una decisione nel merito, sostenendo che una clausola arbitrale tra un’entità sanzionata e una terza parte è nulla o, comunque, inapplicabile. Se viene richiesto il riconoscimento di un lodo straniero emesso a favore o contro un’entità sanzionata, il riconoscimento può essere rifiutato.

Esistono altre due giurisdizioni di tipo A, di particolare interesse per i loro rapporti con la Federazione Russa, in cui l’arbitrabilità è definita in modo sovrapponibile a quella italiana: Svezia e Turchia.

La legge svedese sull’arbitrato stabilisce che sono arbitrabili le controversie “in relazione alle quali le parti possono raggiungere una transazione”. Questa definizione appare per certi versi ancora più restrittiva di quella italiana, e non c’è dubbio che le sanzioni precludano una transazione tra ente sanzionato e terzo.

La Corte d’Appello di Svea, nel novembre 2005, e la Corte Suprema svedese, nel novembre 2012, hanno ritenuto che due controversie che coinvolgevano parti russe e che non potevano essere oggetto di transazione in base al diritto russo fossero comunque arbitrabili in base al diritto svedese. Tuttavia, si tratta di casi molto diversi e anche in questo caso le Corti hanno chiarito che per tali situazioni è necessario un approccio caso per caso.

In questo approccio caso per caso, potrebbe anche essere possibile che i tribunali svedesi distinguano sulla base degli specifici diritti oggetto delle richieste delle parti; in altre parole, potrebbero fare proprio quella distinzione che i tribunali italiani si sono rifiutati di fare. Pertanto, un tribunale arbitrale svedese potrebbe emettere un lodo nel merito, ad esempio, se il ricorrente è l’entità non sanzionata e chiede il corrispettivo per i servizi resi prima delle sanzioni o la risoluzione del contratto a causa delle sanzioni. D’altro canto, la situazione sarebbe incerta nel caso di una richiesta di risarcimento avanzata dall’entità sanzionata. Inoltre, eventuali domande riconvenzionali o eccezioni sollevate dall’entità sanzionata complicherebbero ulteriormente la questione, portando addirittura a una possibile separazione del procedimento.

In effetti, almeno in un caso è stato emesso un lodo a Stoccolma in un procedimento arbitrale che coinvolgeva un’entità sanzionata: Pesa contro Ural Trans Mash. Le sanzioni in questione erano quelle emanate in seguito all’invasione della Crimea e questo caso ha dato il via alla prima applicazione delle controsanzioni procedurali russe nel dicembre 2021. Ciononostante, il tribunale arbitrale ha emesso un lodo nel merito, ritenendo che la controversia fosse arbitrabile.

Inoltre, alcune voci nella comunità arbitrale internazionale indicano che sono attualmente in corso procedimenti arbitrali a Stoccolma tra entità recentemente sanzionate e terze parti.

In definitiva, si potrebbe concludere che esiste il rischio che i procedimenti arbitrali disciplinati dal diritto svedese non possano essere avviati o proseguiti a causa delle sanzioni. Tuttavia, in assenza di precedenti dei Tribunali svedesi sul punto specifico, allo stato non è possibile determinare l’entità del suddetto rischio.

La Turchia è l’altra giurisdizione di tipo A in cui l’arbitrabilità è definita in termini simili all’Italia.

Tuttavia, la Turchia non ha adottato, almeno finora, sanzioni contro la Federazione Russa. La questione è quindi più complicata: per il diritto turco, nessuna questione pregiudica la possibilità delle parti di disporre dei propri diritti; tuttavia, potrebbe accadere che tali diritti non siano disponibili per una parte a causa di disposizioni di ordine pubblico della propria giurisdizione (ad esempio, se tale parte è un’entità con sede nell’Unione Europea). Non sono state riportate decisioni dei tribunali turchi sull’argomento o su argomenti correlati. Pertanto, non si può escludere completamente il rischio che le sanzioni influenzino gli arbitrati turchi. Tuttavia, per il momento tale rischio sembra abbastanza remoto.

Lo stesso meccanismo potrebbe valere per altre giurisdizioni di tipo A, come alcune giurisdizioni del Nord Africa e del Medio Oriente, che si trovano in una posizione molto simile a quella della Turchia.

L’altro gruppo significativo di giurisdizioni – quelle di tipo B – definisce l’arbitrabilità delle controversie in base al fatto che esse riguardano un interesse economico.

Il primo esempio di giurisdizione di tipo B è la Svizzera.

Secondo il diritto internazionale privato svizzero, qualsiasi controversia che riguardi un interesse economico può essere oggetto di arbitrato. Vale la pena notare che la Corte Suprema svizzera ha già esaminato la questione delle sanzioni commerciali. Ha esaminato lo stesso caso che è stato esaminato in Italia dalla Corte d’Appello di Genova nel 1994. Ed è giunta a una conclusione opposta: secondo la Corte svizzera, la controversia tra la società italiana e l’entità irachena sanzionata avrebbe potuto essere decisa dal tribunale arbitrale. In poche parole, le sanzioni non incidevano sull’arbitrabilità, ma solo sul contenuto del diritto da applicare al merito.

Anche la Francia è una giurisdizione di tipo B, ma particolare. Infatti, l’art. 2050 del Codice civile francese stabilisce che “non è possibile stipulare una convenzione arbitrale che riguardi (…)“, tra le altre cose, anche “l’ordine pubblico“.

Tuttavia, tale articolo si applica solo all’arbitrato nazionale francese. Per quanto riguarda l’arbitrato internazionale, i tribunali francesi hanno un approccio molto liberale. In effetti, anche una Corte francese – la Corte d’Appello di Parigi – si è occupata della vicenda decisa dalla Corte d’Appello di Genova. Ed è giunta alle conclusioni già raggiunte dalla Corte Suprema svizzera: le sanzioni non escludono l’arbitrabilità.

La decisione della Corte d’appello di Parigi è interessante anche da un altro punto di vista. Oltre a informarci che la Francia è una giurisdizione di tipo B, ci informa anche del fatto che i tribunali francesi sarebbero riluttanti a riconoscere una decisione emessa in una giurisdizione di tipo A da un tribunale statale che sostiene che una clausola arbitrale stipulata da un’entità sanzionata non è operativa.

Alle stesse conclusioni giungerebbero altre due giurisdizioni di tipo B, la Germania e l’Austria: infatti, sebbene non vi siano precedenti in queste giurisdizioni, esse adottano una definizione di arbitrabilità sovrapponibile a quella della Svizzera. Una controversia è arbitrabile se riguarda un interesse economico. E una controversia tra un’entità sanzionata e una terza parte implica un interesse economico. Si consideri, ad esempio, il caso tra le Ferrovie russe e il loro appaltatore tedesco, che ha portato alla recente emissione a Mosca di un’ingiunzione anti-processo che impedisce all’appaltatore tedesco di avviare un procedimento arbitrale a Vienna. La controversia sarebbe arbitrabile in base al diritto austriaco, ossia il diritto della sede dell’arbitrato. Tuttavia, il lodo non sarebbe eseguibile in Russia a causa della suddetta ingiunzione. Non sarebbe neppure eseguibile nelle giurisdizioni di tipo A che adottano sanzioni (come l’Italia), dove l’arbitrabilità dipende dalla possibilità delle parti di disporre dei propri diritti.

Analogamente, passando dalle giurisdizioni di civil law a quelle di common law, si potrebbe ragionevolmente ritenere che le sanzioni contro la Federazione Russa non impediscano il deferimento di una controversia all’arbitrato. L’Arbitration Act inglese, ad esempio, tace completamente sulla questione dell’arbitrabilità e i tribunali inglesi sono molto restii ad accogliere eccezioni che affermano la non arbitrabilità di una controversia. Una situazione molto simile a quella francese in materia di arbitrato internazionale. È molto difficile che una Corte inglese segua l’orientamento secondo cui una controversia può essere deferita ad arbitri solo se riguarda diritti di cui le parti possono liberamente disporre.

La stessa situazione si verifica negli Stati Uniti. In effetti, l’evoluzione della giurisprudenza statunitense negli ultimi quarant’anni è stata considerata un esempio lampante del declino della dottrina della non arbitrabilità in questo campo.

In definitiva, è necessaria una particolare cautela e un approccio caso per caso: l’arbitrabilità è una questione molto delicata per i tribunali nazionali, ancor più delicata a causa delle sanzioni. Non è possibile dare una risposta univoca che si applichi a tutti gli arbitrati commerciali internazionali. Al contrario, è necessario valutare le caratteristiche specifiche della giurisdizione le cui leggi disciplinano la questione dell’arbitrabilità. Inoltre, occorre tenere conto del rischio (o meglio, della probabilità) che una controversia relativa a un rapporto contrattuale tra un’entità sanzionata e una terza parte possa essere decisa da (i) un tribunale statale in Russia (come conseguenza delle controsanzioni russe), (ii) un tribunale statale in una giurisdizione di tipo A (poiché le sanzioni potrebbero impedire l’arbitrato in queste giurisdizioni) e (iii) un tribunale arbitrale in una giurisdizione di tipo B (poiché le sanzioni non influiscono sull’arbitrato in queste giurisdizioni). Ciò comporterebbe anche decisioni contrastanti e seri problemi nella loro circolazione ed esecuzione.

Un commento

  1. Trovo molto interessante anche se il suo uso ė poco diffuso nelle piccole realtà

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