Finanziamento soci, decreto ingiuntivo e arbitrato

Roberto Oliva

Il Tribunale di Roma, dopo quasi due anni (ne avevamo parlato qui), torna a occuparsi del tema del rapporto tra arbitrato societario e finanziamento soci, in una vicenda introdotta nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo e decisa con una recente pronunzia (Trib. Roma, 3 maggio 2017, n. 8702, disponibile qui).

La vicenda, in estrema sintesi, è la seguente.  Un socio di una società a responsabilità limitata ha concesso a quest’ultima un finanziamento.  A fronte della mancata restituzione dell’importo oggetto di finanziamento, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo.  La società ha proposto opposizione a questo decreto ingiuntivo sollevando, per quel che qui interessa, eccezione di compromesso, poiché il suo statuto prevedeva che qualsiasi controversia fosse insorta tra i soci o tra i soci e la società dovesse essere risolta da un arbitro unico.

Il Tribunale di Roma ha accolto l’eccezione di arbitrato, all’esito di un percorso argomentativo chiaro ed esaustivo.

Innanzi tutto, il Giudice ha ricordato il principio (risalente, consolidato e di cui abbiamo parlato qui e qui) secondo il quale la conclusione di una clausola compromissoria “non esclude la possibilità di introdurre la domanda con ricorso per decreto ingiuntivo, né osta all’adozione di tale provvedimento, ferma però restando la facoltà dell’intimato di chiedere ed ottenere la dichiarazione di quella improponibilità dal giudice dell’opposizione” (in questi termini si è espressa la Suprema Corte nella sentenza n. 3246 del 9 luglio 1989, disponibile qui).

Fatta questa premessa, il Tribunale di Roma è quindi passato ad esaminare la difesa del socio che aveva richiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo.  Quest’ultimo affermava infatti che la controversia sfuggiva all’ambito di applicazione della clausola compromissoria statutaria poiché il suo credito “aveva natura meramente pecuniaria” e “non era stata posta in essere alcuna operazione di finanziamento” della società.

Sennonché, la pretesa azionata dal socio trovava la sua causa precisamente nel versamento effettuato a titolo di mutuo in favore della società.

La sentenza in commento ricorda che sussiste, e ha notevoli risvolti pratici, una netta distinzione tra versamenti effettuati dai soci in capitale di rischio e versamenti invece in capitale di credito.  Invero, i finanziamenti dei soci alla società non sono affatto vietati e trovano anzi una disciplina legale volta a tutelare le ragioni dei creditori sociali.  Questa disciplina è quella di cui all’art. 2467 cod. civ., ai sensi del quale “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori (…)” (co. 1) al ricorrere di determinate condizioni (“finanziamenti (…) concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività svolta dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento“: co. 2).

In tale quadro, secondo il Tribunale di Roma, devono ritenersi finanziamenti soci ai sensi dell’art. 2467 cod. civ. tutti quegli apporti (diretti o indiretti) di denaro dei soci, che comportano l’obbligo di restituzione a carico dalla società e che, in quanto tali, si differenziano dai conferimenti propriamente detti e dagli altri apporti volontari destinati a capitalizzare la società (quali versamenti in conto capitale o versamenti a fondo perduto).

Da questa premessa il Giudice ha ricavato la conclusione che la pretesa azionata dal socio, in quanto derivante da un negozio (mutuo) che si ricollega al rapporto societario, rientra nell’ambito di applicazione della clausola compromissoria statutaria e deve pertanto essere conosciuta – anche in punto eventuale postergazione del diritto di credito del socio ex art. 2467 cod. civ. – dal Tribunale arbitrale previsto da tale clausola.

Il principio, che come detto è stato già affermato dal Tribunale di Roma, è condiviso pure dal Tribunale di Milano (in questa pronunzia, disponibile sul portale di Giurisprudenza delle Imprese) e può probabilmente ormai dirsi consolidato, con la conseguenza che forse è finalmente sciolto uno dei dubbi concernenti l’ambito di applicazione delle clausole per arbitrato societario.

 

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