Brevi riflessioni in tema di diritto al contraddittorio in arbitrato irrituale

La sentenza della Corte di Cassazione n. 18601/2023 (disponibile qui) offre lo spunto per alcune riflessioni in tema di attuazione del contraddittorio nell’arbitrato libero.

È ormai principio consolidato che l’arbitrato libero dia vita ad un procedimento, al pari dell’arbitrato rituale, dal quale differisce per il risultato: l’arbitro libero rende una decisione che fa luogo ad un contratto, mentre l’arbitro rituale rende una decisione che ha la stessa efficacia di una sentenza. A parte questa sostanziale differenza, i due tipi di arbitrato condividono la natura di procedimento in cui due o più parti si rivolgono ad un soggetto terzo per risolvere una questione sulla quale non riescono a trovare un accordo consensualmente.

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Arbitrato irrituale societario

Il Tribunale di Salerno ha recentemente deciso una complessa vicenda societaria e la sua pronunzia (n. 3296 del 21 ottobre 2019, disponibile qui), unitamente a quella resa dalla Corte di Appello di Salerno con riferimento alla stessa vicenda (n. 1311 del 14 settembre 2018, disponibile qui), rappresenta a mio avviso un’ottima occasione per svolgere alcune brevi riflessioni in tema di arbitrato irrituale societario, ossia di rapporto tra la disciplina dell’arbitrato irrituale contenuta nel codice di rito e disciplina dell’arbitrato societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.

Un particolare profilo di interesse, in questo ambito, è quello della eventuale possibile applicazione all’arbitrato irrituale della disciplina inderogabile posta dal d.lgs. 5/2003 con riferimento al regime delle impugnazioni di delibere sociali.

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Contestazione della competenza del Giudice statuale

Un contratto contiene una clausola compromissoria che deferisce ad arbitri la soluzione delle eventuali future controversie tra le parti.  Nondimeno, una parte agisce in giudizio e conviene l’altra avanti il Giudice statuale.  La parte convenuta contesta, sulla base della clausola compromissoria, la competenza del Giudice statuale, ma quest’ultimo rende una sentenza erronea, rigetta l’eccezione e conferma la propria competenza.  A che Giudice si deve rivolgere la parte convenuta per chiedere di riformare la decisione del primo Giudice?

Due recenti pronunzie, rese da due diverse Corti di Appello a distanza di un giorno l’una dall’altra (sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1782 del 19 settembre 2019, disponibile qui; e sentenza della Corte di Appello di Potenza n. 636 del 20 settembre 2019, disponibile qui) offrono due risposte diverse al quesito appena posto: il Giudice calabrese afferma che l’impugnazione va proposta alla Corte di Appello, mentre il Collegio lucano che essa va devoluta alla Corte di Cassazione.  Entrambe le decisioni sono corrette, perché concernono due arbitrati diversi.

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Eccezione di compromesso

Una recente pronunzia del Tribunale di Genova (n. 1325 del 14 aprile 2016, disponibile qui) consente di svolgere una riflessione sul tema dell’eccezione di compromesso e della sua qualificazione.

La vicenda oggetto del giudizio è, in estrema sintesi, la seguente.

Il socio (e amministratore ) di una società a responsabilità limitata ha promosso azione di responsabilità nei confronti di altro amministratore.  Quest’ultimo ha sollevato exceptio compromissi e chiesto al Tribunale di Genova di pronunziare l’inammissibilità della domanda avversaria, poiché lo statuto sociale prevedeva a suo dire una clausola compromissoria per arbitrato irrituale.

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Natura dell’arbitrato irrituale

La Cassazione, con la sentenza n. 23629 del 2015 (disponibile qui), ribadisce che tanto l’arbitrato rituale quanto quello irrituale hanno “natura privata”, e che pertanto la differenza tra l’uno e l’altro non può fondarsi sull’idea che con il primo le parti abbiano affidato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell’arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 824/bis cod. proc. civ., con l’osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale esse intendono demandare all’arbitro la soluzione di controversie – insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici – soltanto attraverso lo strumento negoziale, con cui le parti si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come l’espressione della propria volontà (cfr. già, in questo senso, Cass., Sez. II Civ., 12 ottobre 2009, n. 21585).

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Sull’impugnativa del lodo irrituale

Il Tribunale di Milano ha recentemente pronunciato una sentenza in cui ha affrontato il tema dell’errore rilevante ai fini della invalidità del lodo pronunciato in un arbitrato irrituale, ribadendo che deve trattarsi di errore su circostanze di fatto e non di un errore di valutazione da parte degli arbitri delle stesse circostanze di fatto, né di un errore di diritto relativo alla disciplina applicabile al caso concreto.  Il testo integrale della sentenza è disponibile qui, nell’archivio di Giurisprudenza delle Imprese.

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