La Corte di Appello di Venezia, nella sua sentenza n. 2722 del 30 novembre 2015 (disponibile qui), affronta la questione della possibilità di impugnare, per violazione delle regole di diritto applicabili al merito della controversia, un lodo pronunciato in un procedimento arbitrale promosso dopo la riforma di cui al d.lgs 2 febbraio 2006, n. 40, in forza però di clausola compromissoria stipulata prima di tale riforma.
Arbitrato ed embargo
La Corte di Cassazione si è recentemente espressa in una vicenda interessante: le conseguenze del divieto di intraprendere o proseguire rapporti economici con uno Stato sovrano (il c.d. embargo) sulla clausola compromissoria contenuta in un contratto anteriormente concluso con tale Stato sovrano. Â
Il testo integrale della sentenza (la n. 23893 del 24 novembre 2015, pronunciata dalle Sezioni Unite) è disponibile qui.
Arbitrato facoltativo?
Una clausola compromissoria prevede che le controversie relative al contratto in cui essa è inserita “potranno” essere decise da un Tribunale arbitrale: si tratta di un arbitrato facoltativo, nel senso che l’attore potrĂ scegliere se adire il giudice statale o gli arbitri?  O invece la competenza a decidere le liti è senz’altro attribuita esclusivamente agli arbitri?  Oppure, infine, si tratta di una clausola compromissoria nulla o comunque inefficace?
Del tema avevo giĂ avuto modo di parlare qui, commentando una ordinanza resa dal Tribunale di Milano.  Due recenti pronunzie mi inducono però a tornare sull’argomento: si tratta della sentenza della Corte di Appello di Bologna, Sez. I Civ., 12 novembre 2015, n. 1884 (disponibile qui) e della sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI Civ., 28 ottobre 2015, n. 22039 (disponibile qui).
Arbitrato societario: no al doppio binario
La Corte di Cassazione, con la sentenza della Sez. I Civ., n. 22008 del 28 ottobre 2015 (disponibile qui), ha confermato il suo orientamento contrario al c.d. doppio binario nell’arbitrato societario, ribadendo che l’unica clausola compromissoria che può essere validamente inserita in uno statuto è quella di cui all’art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
Impugnazione per nullitĂ
La Corte di Cassazione, con la sentenza della Sez. I Civ. n. 22007 del 28 ottobre 2015 (disponibile qui) è tornata sul tema della disciplina dell’impugnazione per nullitĂ di lodi pronunziati in procedimenti retti da clausole compromissorie concluse prima della riforma dell’arbitrato contenuta nel d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Prima della riforma, ai sensi del previgente art. 829, co. 2, cod. proc. civ., “L’impugnazione per nullitĂ [era] (…) ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equitĂ , o avessero dichiarato il lodo non impugnabile“.  Con la riforma, si è invece scelta una interpretazione diametralmente opposta del silenzio delle parti sul punto. Infatti, ai sensi del vigente art. 829, co. 3, cod. proc. civ., “L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. (…)“.
Contratto preliminare e clausola compromissoria
Il contratto preliminare conteneva una clausola compromissoria, che però non viene riprodotta nel definitivo.  Nondimeno, le controversie relative a quest’ultimo sono devolute alla cognizione arbitrale.  In tal senso, si è recentemente espressa la Corte di Appello di Venezia (C. Appello Venezia, Sez. I Civ., 12 ottobre 2015, n. 2361, disponibile qui).
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Clausola compromissoria e decreto ingiuntivo
Capita alle volte, quando si inserisce in un contratto una clausola compromissoria, che una delle parti voglia riservarsi la possibilitĂ di agire in via monitoria, nella speranza di riuscire a ottenere un decreto ingiuntivo che, ove concesso provvisoriamente esecutivo, rappresenterebbe una energica (e anche abbastanza rapida) modalitĂ di tutela delle sue ragioni di credito.
Le conseguenze di una simile scelta possono però essere diverse da quelle attese: se ne è occupata recentemente la Sesta Sezione della Corte di Cassazione, nella sua ordinanza n. 21666 del 23 ottobre 2015, disponibile qui.
Clausola compromissoria: il caso della preposizione di troppo
Una recente pronuncia della Cassazione (la n. 18707 del 22 settembre 2015, disponibile qui) si è occupata di una fattispecie per alcuni versi singolare: era infatti sorta contestazione tra le parti sulla validitĂ ed efficacia di una clausola compromissoria, a causa di una preposizione di troppo (per la precisione, un “di”) in essa contenuta. Â
Va subito detto che la Cassazione (così come giĂ aveva fatto il giudice di merito) ha evitato eccessi formalistici: per fortuna non si è quindi ripetuta la vicenda antica, citata da Gaio, di quel tale che – per aver sbagliato una parola di una legis actio – aveva perso la sua causa.
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Arbitrato e decadenze
La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha chiesto al Primo Presidente della Corte di rimettere alle Sezioni Unite la questione relativa al rapporto tra l’arbitrato e una particolare decadenza: quella di cui all’art. 2527, co. 3, cod. civ., ossia la norma che – prima della riforma del diritto societario – prevedeva che il socio escluso da una societĂ cooperativa avesse l’onere di impugnare la delibera di esclusione entro trenta giorni dalla sua comunicazione (la norma attualmente vigente è l’art. 2533, co. 3, cod. civ., che ha innalzato il termine a sessanta giorni; disciplina analoga, con riferimento alla societĂ semplice, è prevista dall’art. 2287, co. 2, cod. civ.). Il testo integrale dell’ordinanza (la n. 20101 del 7 ottobre 2015) è disponibile qui.
Rinuncia alla clausola compromissoria
Il Tribunale di Roma (sentenza n. 19215 del 28 settembre 2015, disponibile qui) si è pronunciato nell’ambito di una complessa vicenda riguardante i rapporti tra una societĂ a responsabilitĂ limitata e un suo ex amministratore: in una prima causa, la societĂ ha svolto l’azione sociale di responsabilitĂ ; in una seconda causa (che è quella definita con la sentenza in commento) l’amministratore ha agito in via monitoria per ottenere il saldo dei compensi a suo dire dovuti.  Tutto ciò, nonostante lo statuto della societĂ contenesse, all’art. 26, una clausola compromissoria: “Tutte le controversie sorte fra i soci oppure tra i soci e la societĂ , gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, sono risolte da un arbitro unico nominato dal Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti nel cui ambito ha sede la societĂ (…)“.  E in effetti nell’azione di responsabilitĂ l’ex amministratore convenuto in giudizio ha sollevato nei confronti della societĂ l’exceptio compromissi; eccezione che, specularmente, è stata sollevata dalla societĂ nei confronti dell’ex amministratore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Si è quindi posta la questione di una eventuale rinunzia delle parti alla clausola compromissoria, in conseguenza delle loro iniziative processuali.