Crediti del fallimento e arbitrato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. I Civ., 30 settembre 2019, n. 24444, disponibile qui) affronta il tema della competenza arbitrale a decidere controversie relative a crediti del fallimento.

Si tratta di un argomento di sicuro interesse: già ne avevo parlato in passato (ad esempio in questo post) e a breve se ne parlerà in un evento organizzato dalla Camera Arbitrale di Milano (il programma del ciclo di conferenze è disponibile qui).

Ancor più interessante è la sentenza della Cassazione perché, dopo aver richiamato i principi generali in materia, li ha applicati a un caso particolare, sul quale non mi risultano altri precedenti editi: quello dell’azione ex art. 150 l.fall., ossia dell’ingiunzione emessa dal Giudice delegato del fallimento, su richiesta del curatore, nei confronti dei soci della società fallita per i versamenti di capitale ancora dovuti.

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Contestazione della competenza del Giudice statuale

Un contratto contiene una clausola compromissoria che deferisce ad arbitri la soluzione delle eventuali future controversie tra le parti.  Nondimeno, una parte agisce in giudizio e conviene l’altra avanti il Giudice statuale.  La parte convenuta contesta, sulla base della clausola compromissoria, la competenza del Giudice statuale, ma quest’ultimo rende una sentenza erronea, rigetta l’eccezione e conferma la propria competenza.  A che Giudice si deve rivolgere la parte convenuta per chiedere di riformare la decisione del primo Giudice?

Due recenti pronunzie, rese da due diverse Corti di Appello a distanza di un giorno l’una dall’altra (sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1782 del 19 settembre 2019, disponibile qui; e sentenza della Corte di Appello di Potenza n. 636 del 20 settembre 2019, disponibile qui) offrono due risposte diverse al quesito appena posto: il Giudice calabrese afferma che l’impugnazione va proposta alla Corte di Appello, mentre il Collegio lucano che essa va devoluta alla Corte di Cassazione.  Entrambe le decisioni sono corrette, perché concernono due arbitrati diversi.

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Arbitrato e azioni extracontrattuali

Nel precedente post ho esaminato una sentenza, resa in materia di arbitrato e restituzioni contrattuali, che trovo non corretta.  Questa sentenza infatti, sulla base di una ricostruzione dogmatica apparentemente ineccepibile, è giunta a conclusioni che, conformi alla giurisprudenza della Suprema Corte, mi sembrano però in contrasto con il favor arbitrati della nostra legge.

Ho quindi fatto una ricerca, in un ambito molto preciso, ma che ritengo molto significativo: quello delle domande ex art. 1669 cod. civ.: domande extracontrattuali, quindi, ma che sono connesse a un rapporto contrattuale.  E ho appurato che, in questo caso, taluni Giudici statuali affermano la competenza arbitrale (tanto hanno fatto la Corte di Appello di Catania, nella sentenza n. 820 del 10 aprile 2019, disponibile qui; e la Corte di Appello di Bologna, nella sentenza n. 2453 del 5 ottobre 2018, disponibile qui). E lo fanno nonostante un orientamento contrario della Cassazione (Cass. Sez. II Civ., 3 febbraio 2012, n. 1674, disponibile qui; e Cass., Sez. VI Civ., 15 febbraio 2017, n. 4035, disponibile qui).

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La (non) applicazione del precedente Achmea

Due diversi tribunali arbitrali ICSID, sulla base di diversi ragionamenti, sono giunti alla stessa conclusione: la pronuncia della Corte di Giustizia nella causa Achmea (disponibile qui) non enuncia principi che fanno venir meno, nelle vicende da loro esaminate, la giurisdizione arbitrale.

Mi riferisco al lodo reso nell’arbitrato 9Ren v. Spagna (disponibile qui) e al lodo parziale nell’arbitrato Rockhopper v. Italia (disponibile qui), rispettivamente del 31 maggio e 26 giugno 2019.

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