L’arbitrato italiano nel 2022

Il 2022 è stato un anno particolarmente interessante per chi, in Italia, si occupa di arbitrato.
Innanzitutto, nel 2022 è stata approvata la riforma del processo civile, che riguarda anche il diritto dell’arbitrato, e che entrerà in vigore il 1° marzo 2023.  Si tratta della prima riforma significativa dopo quella approvata nel 2006.  Vale la pena notare subito che:

  • la legge italiana imporrà agli arbitri nominati specifici obblighi di disclosure. L’influenza delle best practice internazionali è evidente e l’adempimento di tali doveri eviterà probabilmente il verificarsi di eventi come quelli discussi nella causa BEG v. Italia, e
  • l’Italia esce finalmente dal ristretto club delle giurisdizioni che non consentono agli arbitri di emettere provvedimenti cautelari.

In secondo luogo, i professionisti italiani hanno dovuto rispolverare vecchi precedenti sull’arbitrabilità delle controversie che coinvolgono una parte colpita dalle sanzioni.  I tribunali italiani si sono occupati della questione in relazione alle sanzioni contro alcune entità irachene; gli stessi principi si applicheranno probabilmente alle entità russe sanzionate.
In terzo luogo e infine, l’arbitrato amministrato italiano è in forte espansione.  È ancora lontano il momento in cui gli arbitrati amministrati in Italia supereranno i procedimenti ad hoc.  Tuttavia, le istituzioni arbitrali italiane, in particolare la principale (la Camera Arbitrale di Milano), hanno contribuito in modo significativo a delineare il panorama.

Sanzioni e arbitrabilità

Le sanzioni adottate contro alcuni enti e individui russi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa potrebbero sollevare un problema di arbitrabilità delle controversie tra gli enti sanzionati e i terzi.

Questo non è un argomento nuovo per i professionisti dell’arbitrato internazionale, poiché è stato affrontato in passato quando la comunità internazionale ha adottato sanzioni, ad esempio, contro l’Iraq o l’Iran. Le sanzioni attuali sono in qualche modo diverse (ad esempio, non sono adottate dalle Nazioni Unite) e sono più simili a quelle adottate contro la stessa Federazione Russa in seguito all’annessione della Crimea.

La questione richiede ora ulteriore attenzione, sia per la portata delle nuove sanzioni sia per la rilevanza nel commercio internazionale di alcune delle entità sanzionate.

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Il trattato bilaterale di investimento (BIT) tra Italia e Turchia

I trattati bilaterali di investimento (BIT) sono accordi internazionali che stabiliscono i termini, le condizioni e le tutele per gli investimenti privati da parte di individui ed entità di uno Stato contraente (lo Stato di origine) nell’altro Stato contraente (lo Stato ospitante).

La proliferazione dei BIT all’inizio del XX secolo ha trasformato il contesto degli investimenti internazionali, ed essi rappresentano un elemento cruciale della globalizzazione.

A quanto risulta, sono stati conclusi circa 3.000 BIT e più di 2.000 sono in vigore.

L’Italia è parte di 102 BIT (e di 77 trattati con disposizioni sugli investimenti, compresi i trattati dell’UE). La Turchia è parte di 132 BIT (e di 22 trattati con disposizioni sugli investimenti).

Il 22 marzo 1995, Italia e Turchia hanno firmato il loro BIT, entrato in vigore il 2 marzo 2004. Il testo in inglese è disponibile qui.

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Le vie parallele

Il diritto processuale italiano applica, nei rapporti tra procedimento arbitrale e procedimento avanti il Giudice statuale, il principio delle vie parallele.  Tale principio è codificato dall’art. 819-ter cod. proc. civ., ai sensi del quale “La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice”.

Tale principio viene in applicazione in diverse ipotesi, alcune delle quali riguardano la materia societaria.  Per questo motivo, riveste particolare interesse una recente pronunzia del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 12 luglio 2022, n. 6095, disponibile qui), in cui il Giudice statuale ha omesso di applicare il suddetto principio.

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Arbitrato e decreto ingiuntivo

Una recente pronunzia del Tribunale di Vicenza (Trib. Vicenza, 27 giugno 2022, n. 1101, disponibile qui), resa all’esito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, appare di grande interesse, in considerazione dell’inedita conclusione cui è arrivato il Giudice statuale.

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Il 2021 di Arbitrato in Italia

L’anno che si è concluso ha portato interessanti novità, per la comunità arbitrale italiana nel suo complesso, e per i lettori di questa piccola Rivista.

Cominciamo dalle prime. La l. 26 novembre 2021, n. 206, come noto, ha conferito al Governo la delega non solo per riformare il processo avanti il Giudice statuale, ma anche per intervenire sugli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e in particolare, per quel che più interessa ai nostri lettori, sull’arbitrato.

Il rafforzamento delle garanzie di imparzialità e indipendenza degli arbitri appare più che mai opportuno, anche considerando la rilevanza numerica, nel nostro ordinamento, degli arbitrati ad hoc, a tacere della pronunzia della Corte europea dei diritti dell’uomo nella vicenda BEG v. Italia.

Finalmente, poi, si prevede l’attribuzione di poteri cautelari agli arbitri, sia pure con una serie di limitazioni e cautele che paiono forse eccessive.

Altre disposizioni specifiche (esecutività del decreto ex art. 839 cod. proc. civ. ed equiparazione del termine lungo per impugnare un lodo a quello per impugnare una sentenza; e ancora, espressa disciplina della translatio iudicii e previsione dei criteri per la nomina degli arbitri da parte dell’Autorità giudiziaria) paiono poter contribuire positivamente alla disciplina dell’arbitrato.

Dispiace soltanto che si sia persa l’occasione del riordino della disciplina dell’arbitrato societario per colmare le sue lacune e dirimere le questioni rimaste ancora controverse.

Passiamo ora alle novità riguardanti questa Rivista. Se il numero di articoli pubblicato ha subito una leggera flessione rispetto all’anno precedente, sia pure con un aumento del numero di autori, ciò è in parte dovuto alla realizzazione di un ambizioso progetto. Quello che inizialmente era stato configurato come un mero archivio di giurisprudenza in materia di arbitrato si è infatti tramutato in un massimario. Sono presenti più di mille decisioni, rese dalla Corte di Cassazione e dai Giudici di merito, nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021. Ognuna di queste decisioni è accompagnata da una massima, così da facilitare il lettore nell’individuare quelle di suo interesse. Inoltre, a partire dalle decisioni pubblicate nel corso dell’anno 2021, sono specificamente segnalate quelle rese – mutuando una felice espressione degli ordinamenti di common law – “per incuriam“, ossia in contrasto con chiari dettati normativi o consolidati orientamenti giurisprudenziali, salvo che tale contrasto non sia dovuto all’esplicita intenzione di rimeditare tali orientamenti.

Si tratta di uno strumento, la cui realizzazione è resa possibile dall’esistenza dell’Archivio Giurisprudenziale Nazionale e dell’archivio on line della Corte di Cassazione, che si auspica possa dimostrarsi prezioso per la comunità arbitrale italiana nel suo complesso; e pure – perché no – per professionisti stranieri, che abbiano l’opportunità (o la necessità) di confrontarsi con il diritto italiano dell’arbitrato.

Arbitrato contumaciale

Un tema di una certa rilevanza pratica, sul quale non sono però numerosi i precedenti editi, è quello dell’arbitrato contumaciale, ovvero – con terminologia più corretta – del giudizio arbitrale in cui si realizza una situazione corrispondente a quella che nel giudizio avanti il Giudice statuale dà luogo alla contumacia.

La dottrina in passato si è occupata dell’argomento, sviluppando tre tesi: la prima, secondo la quale è ammissibile in un procedimento arbitrale tale situazione; la seconda, secondo la quale, al contrario, tale situazione viene esclusa; e la terza, che appare preferibile, ad avviso della quale è necessario compiere un’operazione esegetica che consenta di individuare quelle norme che, dettate dal legislatore con espresso riferimento al giudizio contumaciale avanti il Giudice statuale, siano nondimeno compatibili con il procedimento arbitrale.

La giurisprudenza – come detto, non numerosa – tende invece a ripetere tralatiziamente la massima, secondo la quale non è configurabile, da un punto di vista tecnico-giuridico, la contumacia nel procedimento arbitrale (v.si Cass., Sez. I Civ., 2 febbraio 1978, n. 459; Cass., Sez. I Civ., 28 gennaio 1982, n. 563; Cass., Sez. I Civ., 19 gennaio 1984, n. 465; Cass., 15 marzo 1986, n. 1765; Cass., Sez. I Civ., 11 luglio 1992, n. 8469; Cass., Sez. I Civ., 16 novembre 1992, n. 12268, tutte rese in procedimenti di delibazione di lodi arbitrali stranieri; nonché Cass., Sez. I Civ., 2 settembre 1998, n. 8697 e Cass., Sez. I Civ., 29 gennaio 1999, n. 787, rese invece in procedimenti di impugnazione di lodi domestici).

Appaiono pertanto molto interessanti due recenti pronunzie, una di legittimità e l’altra di merito, entrambe rese in procedimenti di impugnazione di lodi arbitrali pronunciati all’esito di un giudizio arbitrale domestico che, con formula sintetica ancorché approssimativa, può essere definito ‘contumaciale’.

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Le vie parallele alla prova pratica

Una recente decisione della Corte d’appello di Milano (C. App. Milano, 23 giugno 2021, n. 1946, disponibile qui) esamina un tema di grande interesse, e di una certa rilevanza pratica, in relazione al quale però sono rari i precedenti editi: quello del rapporto tra un procedimento arbitrale e un parallelo procedimento avanti il Giudice statuale avente il medesimo oggetto (caso poi complicato dalla circostanza che, nella specifica vicenda, il procedimento statuale era un procedimento penale).

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Il (nuovo?) progetto di riforma

La riforma del processo civile, come è stato ampiamente riportato dai media generalisti, è oggetto di un disegno di legge delega di iniziativa governativa (AS 1662, disponibile qui). Sull’impianto immaginato dal precedente Governo, il nuovo ha dichiarato la sua intenzione di intervenire, in maniera più o meno radicale.

Nei giorni scorsi, sono circolate le bozze degli emendamenti che il Governo avrebbe intenzione di proporre, accompagnati da una relazione illustrativa (disponibili, rispettivamente, qui e qui).

L’articolato contiene una disposizione espressamente dedicata all’arbitrato (art. 11), sulla quale si possono compiere alcune riflessioni.

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Arbitrato multiparti

L’arbitrato costituisce, sia da un punto di vista storico che in una buona parte delle sue manifestazioni, un meccanismo di risoluzione delle controversie che si possono definire a struttura semplice, o bilaterale: controversie, in altri termini, che vedono tra loro contrapposte due parti, una che nel procedimento assumerà le vesti della parte attrice, e l’altra che invece sarà convenuta.

Non a caso, il modello legale di formazione del Tribunale arbitrale, contenuto nell’art. 810 cod. proc. civ., riflette questa struttura binaria e prevede che ciascuna parte nomini un arbitro e che il terzo arbitro sia nominato congiuntamente dagli altri due.

Non sono però infrequenti i casi in cui la controversia abbia una struttura complessa, vuoi perché le parti del rapporto oggetto della cognizione arbitrale sono più di due, vuoi perché in un momento successivo alla conclusione del patto arbitrale si realizzano fenomeni che aumentano il numero di parti: un esempio evidente è il caso della successione, per effetto della quale a un dante causa subentrano due o più successori.

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