Roberto Oliva

Per la terza volta in un breve lasso di tempo ritorno sul tema dell’impugnazione nel merito (ossia per violazione delle norme di diritto applicabili al merito della controversia) di un lodo reso sulla base di una clausola stipulata prima della riforma del 2006 (e che sul punto nulla dispone), ma in un procedimento promosso nel vigore della riforma.

Per quanti, tra i venticinque lettori di questo blog, si fossero persi le puntate precedenti, ne offro qui di seguito una sintesi.

Prima della riforma del 2006 (d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), ai sensi dell’art. 829, co. 2, cod. proc. civ., civ., “L’impugnazione per nullità [era] (…) ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità, o avessero dichiarato il lodo non impugnabile“.

Regola diametralmente opposta sul punto è quella contenuta nel vigente art. 829, co. 3, cod. proc. civ.: “L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. (…)“.

Cosa accade se viene impugnato un lodo pronunziato sulla base di una clausola compromissoria conclusa prima della riforma del 2006 in un procedimento promosso dopo l’entrata in vigore di quest’ultima (avvenuta il 2 marzo 2006)?  Se andiamo a leggere le disposizioni transitorie del d.lgs. 40/2006, e in particolare il suo art. 27, apprendiamo che “Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto“.

L’art. 24 d.lgs. 40/2006 ha modificato, tra le altre cose, l’art. 829 cod. proc. civ. Se ne deve dunque dedurre che il nuovo art. 829 cod. proc. civ., con i suoi limiti alle impugnazioni nel merito, si applichi all’impugnazione di lodi resi in procedimenti arbitrali promossi a far data dal 2 marzo 2006 (entrata in vigore della riforma), a prescindere dal momento di conclusione della clausola e dal contenuto della disciplina a quel tempo applicabile.

Questo in effetti è un primo orientamento della Cassazione, seguito anche da (una parte almeno della) giurisprudenza di merito.  Ne ho parlato in questo post, commentando una pronunzia della Corte di Appello di Venezia.

Sennonché, si è formato nella giurisprudenza di legittimità un altro orientamento, allo stato maggioritario, di segno opposto.  Secondo questo orientamento, in poche parole, per evitare una applicazione retroattiva della nuova disciplina (in punto effetti del silenzio delle parti sulla possibilità di impugnare il lodo nel merito), si deve concludere che i lodi resi sulla base di una clausola conclusa prima della riforma del 2006 possano sempre essere impugnati per lamentare un error in judicando del Tribunale arbitrale (salvo ovviamente il caso di lodo non impugnabile in forza della clausola stessa o reso secondo equità). Di tutto ciò, ho parlato in questo post.

Avevo chiuso il mio ultimo intervento sul tema interrogandomi sugli accorgimenti da adottare per evitare – o quanto meno ridurre – questa incertezza sui possibili motivi di impugnazione.  È quindi con piacere che saluto l’iniziativa della Sez. I Civ. della Suprema Corte di investire della questione le Sezioni Unite (Cass, Sez. I Civ, ord. 11 dicembre 2015, n. 25040, disponibile qui).

In questa ordinanza, la Corte di Cassazione propende per la tesi dell’inammissibilità dell’impugnazione nel merito.  Osserva, infatti, che, essendo ormai acquisito che “l’attività svolta dagli arbitri equivalga ad un vero e proprio giudizio, l’applicazione delle regole processuali che concernono il loro giudizio non può che essere svolto tenendo conto del diritto processuale vigente al momento dell’atto di accesso agli arbitri, costituente la domanda introduttiva di quel giudizio, divenendo del tutto irrilevante il fatto che il patto compromissorio avesse tenuto presente un diverso diritto processuale (quello del tempo dell’accordo)“.

Nondimeno, essendo consapevole della sussistenza di un contrasto giurisprudenziale, il Collegio della Prima Sezione ha preferito rimettere la causa al Primo Presidente, per la sua assegnazione alle Sezioni Unite.  Restiamo quindi in attesa della loro pronuncia.

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