Autonomia della clausola compromissoria

Roberto Oliva

La clausola compromissoria, nel nostro ordinamento e in molti altri, non rappresenta una clausola accessoria del contratto in cui è inserita, ma un contratto a effetti processuali a sé stante.  In questo senso, si parla di autonomia della clausola compromissoria.

Il principio, che si ricava dal disposto dell’art. 808 cod. proc. civ. (“La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce“), viene derogato solo in materia fallimentare (art. 83-bis l.fall.: ne ho parlato in questo post).

E lo stesso principio deve essere tenuto presente in caso di conclusione di un contratto preliminare, che contiene una clausola compromissoria, e di un successivo contratto definitivo, che invece non la contiene.  Anche di questo argomento mi ero occupato, ormai qualche anno fa (in questo post), ma attesa la sua rilevanza, anche da un punto di vista pratico, ritengo opportuno ritornarci.  E l’occasione per farlo mi è offerta da una recente sentenza della Corte di Appello di Brescia (n. 1474 del 10 ottobre 2019, disponibile qui).

La vicenda riguardava una controversia relativa a un immobile da costruire.  L’attore (acquirente) e il convenuto (venditore) avevano concluso un contratto preliminare, che prevedeva che l’immobile avrebbe dovuto essere consegnato entro una certa data e che il venditore avrebbe dovuto pagare una penale in caso di ritardo.  Il contratto preliminare conteneva una clausola compromissoria.  L’immobile viene costruito e consegnato in ritardo e viene concluso il contratto definitivo, che non contiene alcuna clausola compromissoria.

L’attore ha promosso il procedimento arbitrale, all’esito del quale la sua pretesa è stata fortemente ridimensionata.

Il lodo è stato impugnato sia dall’attore che dal convenuto: il primo per lamentare alcune pretese violazioni del contraddittorio e del diritto di difesa (che la Corte di appello ha ritenuto non sussistenti e che qui non rilevano); il convenuto per denunciare che il Tribunale arbitrale non sarebbe stato competente, giacché la clausola compromissoria era contenuta solo nel contratto preliminare e non era stata riprodotta nel contratto definitivo.

La sentenza della Corte di Appello non chiarisce se la parte impugnante avesse già contestato nel corso del procedimento arbitrale l’incompetenza del Tribunale arbitrale, siccome è suo onere fare ai sensi dell’art. 817, co. 2, cod. proc. civ. (“(…) La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile“).  Poiché però la Corte esamina il motivo di impugnazione in parola, che rigetta in quanto infondato nel merito, immagino che la relativa eccezione fosse stata tempestivamente formulata nel corso del procedimento arbitrale.

La doglianza – come accennato – è stata respinta dalla Corte di Appello di Brescia.  Quest’ultima, infatti, ha seguito l’orientamento della Suprema Corte, la quale ritiene che “la validità e, quindi, anche l’efficacia, della clausola compromissoria devono essere valutate in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce.  Ne consegue che la clausola compromissoria contenuta in un preliminare di compravendita sopravvive, sebbene non riprodotta nel contratto definitivo, trattandosi di contratto autonomo avente funzione distinta dal contratto preliminare” (Cass., Sez. I Civ., 16 aprile 2014, n. 8868, disponibile qui; e Cass., Sez. I Civ., 31 ottobre 2011, n. 22608, disponibile qui).

Aggiunge poi la Corte di Appello che, nel caso di specie, il contratto definitivo non esauriva gli impegni assunti con il preliminare, poiché tra questi vi era la clausola penale, più sopra menzionata, per il caso di ritardo; clausola che era precisamente quella oggetto della controversia tra le parti decisa dal Tribunale arbitrale.

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