Sequestro conservativo ante causam e procedimento di exequatur

L’ordinanza della Corte d’Appello di Trieste del 28 marzo 2025 (disponibile qui) affronta una questione di notevole rilevanza pratica, ossia quella dell’ammissibilità del sequestro conservativo ante causam strumentale al procedimento di exequatur di un lodo arbitrale straniero, resa ancor più interessante dalla considerazione che, a seguito della riforma di cui al d.lgs. 149/2022, il decreto che riconosce in Italia un lodo straniero è immediatamente esecutivo.

La pronuncia si distingue per l’approccio pragmatico adottato dal giudice triestino, che ha saputo coniugare le esigenze di tutela cautelare con le accennate modifiche normative, offrendo una lettura sistematica che supera le rigidità formalistiche e valorizza la sostanza degli istituti processuali.

La ricorrente aveva chiesto la concessione di un sequestro conservativo, misura che veniva presentata come “strumentale all’introduzione del procedimento di exequatur ex art. 839 c.p.c.”, che avrebbe avviato nei giorni successivi una volta approntata la necessaria documentazione, inclusa la traduzione asseverata delle oltre 500 pagine del lodo.

La resistente aveva eccepito una triplice inammissibilità dell’iniziativa cautelare, sostenendo che il giudizio di merito ex art. 839 cod. proc. civ. avrebbe natura meramente costitutiva o di mero accertamento, mentre il sequestro conservativo sarebbe strumentale alle sole azioni di merito di condanna al pagamento di somme di denaro, che sussisterebbe l’incompetenza della Corte d’Appello di Trieste per materia, grado di giurisdizione e territorio, e che difetterebbe il periculum in mora stanti le disponibilità di cassa e la capacità patrimoniale della società.

La Corte d’Appello ha affrontato la questione dell’ammissibilità della tutela cautelare attraverso un’interpretazione che supera la rigida correlazione tra natura del giudizio di merito e strumento cautelare utilizzabile. La decisione chiarisce che “non si deve cadere nell’equivoco di agganciare in modo biunivoco lo strumento cautelare del sequestro conservativo al giudizio di condanna”, precisando che se normalmente ogni giudizio di condanna al pagamento di una somma di denaro è astrattamente compatibile con il sequestro conservativo, può tuttavia accadere che in concreto residui uno spazio per la concessione della cautela qualora il futuro titolo, scaturente da un qualsiasi tipo di giudizio, abbia una concreta valenza esecutiva.

Questa lettura sistematica conduce il giudice triestino a affermare che se il procedimento di exequatur esita nell’emissione di un titolo esecutivo, l’anticipazione della tutela in via cautelare va considerata connaturale a tale vocazione, rimanendo inutile verificare la natura di condanna o meno del relativo giudizio. Si tratta di una interpretazione dichiaratamente “orientata della norma che altrimenti vedrebbe già in astratto preclusa la tutela interinale, con dubbi di costituzionalità”, dimostrando come il giudice abbia privilegiato una lettura costituzionalmente orientata degli istituti processuali.

Particolare attenzione merita l’analisi che la Corte dedica agli effetti della riforma introdotta dal d.lgs. 149/2022, che ha espressamente assegnato al decreto di exequatur efficacia immediatamente esecutiva. Il Presidente osserva che proprio tale previsione viene ora a legittimare definitivamente le tesi che avevano ravvisato in passato la compatibilità della misura cautelare, rendendo di secondario momento la questione della natura del procedimento monitorio di cui all’art. 839 cod. proc. civ.

La decisione evidenzia come la modifica normativa, lungi dal precludere la tutela cautelare, ne confermi invece la legittimità attraverso il riconoscimento dell’immediata esecutività del decreto. Questa lettura appare particolarmente significativa perché dimostra come il legislatore della riforma, attribuendo efficacia esecutiva immediata al provvedimento di riconoscimento, abbia implicitamente confermato la natura sostanzialmente satisfattiva del procedimento di exequatur, giustificando così l’anticipazione cautelare della tutela.

Sul versante della competenza, la Corte d’Appello affronta la questione preliminare relativa al potere cautelare del Presidente in vista dell’avvio del procedimento di exequatur. La soluzione adottata si fonda sul riconoscimento che, una volta accertata la compatibilità tra procedimento di exequatur e cautela per le ragioni sistematiche sopra esposte, il Presidente della Corte d’Appello risulta competente a decidere sulla domanda cautelare in quanto giudice naturale del procedimento principale.

L’approccio seguito dal giudice triestino dimostra come la questione della competenza vada risolta attraverso una valutazione funzionale degli istituti processuali, evitando frammentazioni di competenza che potrebbero compromettere l’effettività della tutela. La decisione conferma così che la competenza cautelare segue naturalmente quella per il procedimento principale, senza necessità di artificiose distinzioni basate sulla natura formale del giudizio.

Nell’analisi del fumus boni iuris, la Corte adotta un approccio particolarmente pragmatico, chiarendo che il requisito non va inteso come strutturalmente limitato all’accertamento della fondatezza del procedimento al quale è strumentale la cautela, dovendo piuttosto sussistere in relazione al diritto sostanziale fatto valere, ossia il diritto di credito che verrà soddisfatto con l’azione esecutiva. Questa precisazione risulta fondamentale perché sposta l’attenzione dal piano processuale a quello sostanziale, consentendo una valutazione del fumus che prescinde dalle specifiche modalità del riconoscimento del titolo straniero.

La decisione stabilisce che l’eventuale mancanza dei presupposti per la proposizione della domanda ex art. 839 c.p.c., come la produzione tempestiva di copia asseverata e tradotta del titolo, determinerà se del caso la revoca per inefficacia della cautela, ma non preclude la richiesta della cautela nella fase anteriore. Nel caso specifico, la Corte osserva che la possibile esistenza del credito era a tal punto indiscussa che lo stesso piano di risanamento della crisi di Deal S.r.l. prevedeva diverse quote di accantonamento a seconda del grado di accoglimento della domanda deferita al collegio arbitrale.

La decisione si conclude con il rigetto della domanda cautelare per difetto di periculum in mora, offrendo un’analisi articolata dei criteri di valutazione di tale requisito. La Corte precisa che nella concessione della misura si può far riferimento a precisi, concreti fattori tanto oggettivi che soggettivi, potendo il requisito essere desunto sia da elementi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi rappresentati dal comportamento del debitore che lasci fondatamente presumere intenti elusivi.

Nel caso specifico, la valutazione del periculum in mora ha portato al rigetto della domanda sulla base della consistente capacità patrimoniale della resistente, della disponibilità di cospicue giacenze liquide, della titolarità di assets diversificati e soprattutto della pubblicità e conoscibilità dell’esistenza del potenziale credito, ormai anche giudizialmente accertato. La Corte evidenzia inoltre che il pericolo di mancato soddisfacimento per causa della durata del procedimento di merito risulta inconsistente, atteso che l’avvio del giudizio di exequatur dipende solo dal creditore e che si tratta di un procedimento tra i più celeri per durata e ristretti per margini di valutazione.

L’ordinanza della Corte d’Appello di Trieste rappresenta un contributo significativo all’evoluzione del diritto processuale nei rapporti tra tutela cautelare e riconoscimento di decisioni arbitrali straniere. L’approccio adottato dimostra come sia possibile superare le rigidità formalistiche attraverso un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata degli istituti processuali, che valorizza la sostanza degli strumenti di tutela rispetto alle classificazioni dogmatiche.

La decisione appare particolarmente significativa per aver chiarito che la riforma del 2022, attribuendo immediata esecutività al decreto di exequatur, ha implicitamente confermato la compatibilità tra procedimento di riconoscimento e tutela cautelare conservativa. Questo orientamento potrebbe trovare applicazione anche in altri contesti in cui si ponga il problema della strumentalità della cautela rispetto a procedimenti dalla natura formalmente non condannatoria ma sostanzialmente satisfattiva.

L’innovazione interpretativa del giudice triestino risiede nell’aver saputo coniugare l’esigenza di effettività della tutela con il rispetto delle categorie processuali, offrendo una soluzione che tiene conto sia delle modifiche normative introdotte dalla riforma sia delle esigenze concrete di chi deve ottenere soddisfazione di un credito accertato in sede arbitrale straniera. La compensazione delle spese processuali, motivata dall’assoluta novità delle questioni affrontate, conferma la consapevolezza del giudice di aver tracciato un percorso interpretativo destinato a influenzare la prassi futura in una materia di crescente rilevanza per gli operatori del diritto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.