Corte di Appello di Milano, 18 luglio 2025, n. 2266
Massima
La nullità del lodo per difetto di imparzialità dell'arbitro, di cui all'art. 815, co. 1, n. 3, cod. proc. civ., rientra nella species regolata dall'art. 829, co. 1, n. 2, cod. proc. civ., con la conseguenza che tale nullità deve essere dedotta nel giudizio arbitrale e resta sempre deducibile quale ragione di nullità del lodo nel successivo giudizio di impugnazione, qualunque sia stata la sorte dell'autonomo procedimento di ricusazione.
L'avere una parte proposto istanza di ricusazione dell'arbitro al presidente del tribunale nel corso del procedimento arbitrale, producendola inoltre innanzi agli arbitri che ne siano stati edotti, vale a dedurre la specifica nullità innanzi ad essi, integrando la fattispecie di cui all'art. 829, co. 1, n. 2, cod. proc. civ., anche se l'istanza di ricusazione venga successivamente rigettata per tardività.
Ai fini della configurabilità della nullità del lodo per difetto di motivazione è necessario che non sia possibile procedere alla ricostruzione della ratio decidendi, dovendo invece essere esclusa ogni qualvolta, attraverso i comuni canoni di interpretazione e le regole di logica giuridica, sia possibile ravvisarla.
La liquidazione equitativa del danno da parte del collegio arbitrale ai sensi dell'art. 1226 cod. civ. non comporta nullità del lodo quando la sussistenza del danno e le modalità di liquidazione siano state oggetto di contraddittorio tra le parti, rimanendo rimessa al collegio la scelta di procedere a liquidazione equitativa ricorrendone le condizioni di legge.
Note Metodologiche
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