Cass., Sez. I Civ., 2 dicembre 2015, n. 24558
Massima
Nell’arbitrato rituale le parti mirano a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 cod. proc. civ. con l’osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale esse intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. Ne consegue che ha natura di arbitrato irrituale quello previsto da una clausola compromissoria che enunci l’impegno delle parti di considerare il carattere definitivo e vincolante del lodo, al pari del negozio concluso e quindi come espressione della propria personale volontà, restando di contro irrilevanti sia la previsione della vincolatività della decisione, anche se firmata solo dalla maggioranza degli arbitri (dato che pure l’arbitrato libero ammette tale modalità), e sia la previsione di una decisione secondo diritto, senza il rispetto delle forme del codice di rito, ma nel rispetto del contraddittorio, attesa la sua compatibilità con l’arbitrato libero e il necessario rispetto anche in quest’ultimo del principio del contraddittorio, in ragione dello stretto collegamento tra l’art. 101 cod. proc. civ. e gli artt. 2, 3 e 24 Cost. ed in linea con l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Note Metodologiche
standard