Corte di Appello di Trieste, 16 luglio 2025, n. 218
Massima
Le clausole compromissorie nei contratti tra professionista e consumatore si presumono vessatorie a norma dell'art. 33, co. 2, lett. t), d.lgs. 206/2005, sostanziandosi in una deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria, salvo che non risulti essere stata oggetto di trattativa individuale ai sensi dell'art. 34 del medesimo decreto.
L'onere di provare l'esistenza di una trattativa individualizzata sulla clausola compromissoria incombe sul professionista, mentre il consumatore può limitarsi ad allegare la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di inefficacia della clausola stessa.
Per escludere la vessatorietà della clausola compromissoria deve trattarsi di trattativa seria, effettiva e individualizzata, che abbia avuto ad oggetto tutte le clausole costituenti il contenuto dell'accordo, prese in considerazione singolarmente oltre che nel significato desumibile dal complessivo tenore del contratto.
Nel confronto tra la disciplina generale sull'arbitrato e quella speciale a tutela del consumatore, il giudice deve procedere alla disapplicazione dell'art. 829, co. 2, cod. proc. civ. che impedisce l'annullamento del lodo per eccezioni non tempestivamente sollevate in sede arbitrale, quando sia fondata sull'invalidità della convenzione di arbitrato per vessatorietà della clausola compromissoria.
Il lodo arbitrale reso sulla base di clausola arbitrale contenuta in contratto tra consumatore e professionista che non abbia formato oggetto di trattativa individuale è annullabile anche se nel corso del giudizio arbitrale non ne sia stata eccepita la vessatorietà, in ragione del rilievo officioso dell'abusività della clausola e della specialità della disciplina a tutela del consumatore.
Note Metodologiche
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