Corte di appello di Firenze, 8 settembre 2025, n. 1529
Massima
L'ordinanza di nomina dell'arbitro emessa ex art. 810 cod. proc. civ. integra un provvedimento sostitutivo dell'attività negoziale non esercitata dalla parte, reso con procedura sommaria di volontaria giurisdizione, senza contraddittorio, e rimane estraneo alla controversia cui il compromesso si riferisce. Il controllo di legittimità su tale provvedimento spetta al collegio arbitrale stesso nell'ambito della verifica dei propri poteri, e i vizi che possono inficiare la nomina degli arbitri, se non rilevati dagli arbitri, si convertono in vizi del lodo ex art. 829, n. 2, cod. proc. civ.
Nell'esercizio del potere di nomina sostitutiva ex art. 810 cod. proc. civ., il Presidente del Tribunale subentra nelle stesse prerogative delle parti e soggiace ai medesimi vincoli di fonte pattizia, essendo chiamato dalla legge ad attuare la convenzione compromissoria in luogo delle parti. Tuttavia, quando il soggetto designato nella clausola compromissoria non accetta la nomina e non è prevista alcuna indicazione per la sostituzione, il Presidente non è vincolato a scegliere un soggetto appartenente alla medesima categoria professionale dell'arbitro originariamente designato.
L'azione di nullità del lodo arbitrale costituisce uno strumento di impugnazione "a critica vincolata", potendo il lodo essere impugnato per nullità unicamente in relazione a vizi che trovino espressa e specifica disciplina normativa nell'elenco tassativo di cui all'art. 829 cod. proc. civ. La violazione delle regole di diritto può essere denunciata solo nei limiti ristretti di cui all'art. 829, co. 3, cod. proc. civ., circoscritta entro i confini della violazione di legge opponibile con ricorso per cassazione ex art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ.
Il vizio del lodo per difetto di motivazione ex art. 829, co. 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., può ritenersi sussistente solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l'iter logico che ha determinato la decisione arbitrale, o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la ratio della decisione.
La ricusazione del consulente tecnico d'ufficio nominato dall'arbitro è ammissibile solo nei casi in cui l'astensione è obbligatoria per il giudice ex art. 51 cod. proc. civ., non essendo sufficiente la sussistenza di mere ragioni di convenienza che comportano per il giudice la sola facoltà, e non l'obbligo, di astenersi.
Nell'arbitrato di equità, ai sensi dell'art. 829, co. 2, cod. proc. civ., è preclusa l'impugnazione per nullità del lodo per violazione delle norme di diritto sostanziale o per errores in iudicando, quando non si siano tradotte nell'inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico. Tale preclusione opera anche quando gli arbitri abbiano applicato norme di legge ritenendole corrispondenti alla soluzione equitativa della controversia, non risultando per questo trasformato l'arbitrato di equità in arbitrato di diritto.
La contrarietà all'ordine pubblico, ai fini dell'art. 829, co. 3, cod. proc. civ., deve essere ravvisata nella statuizione finale contenuta nel lodo e non nelle singole argomentazioni a sostegno della decisione. La nozione di ordine pubblico esprime i principi etici, economici, politici e sociali che caratterizzano l'ordinamento nei vari campi della convivenza sociale, coinvolgendo i valori di fondo del sistema giuridico nazionale che trovano sintesi nella Costituzione a tutela di interessi generali.
Note Metodologiche
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