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Ambiguità nella clausola compromissoria

La formulazione della clausola compromissoria è estremamente importante. L’argomento è stato trattato più volte su questo blog, dove c’è anche una sezione di modelli di clausole compromissorie predisposti dalla camere arbitrali. La ragione è semplice: una clausola compromissoria mal formulata comporta, nel migliore dei casi, la nascita di questioni processuali e la conseguente dilatazione dei tempi necessari ad arrivare a una pronuncia sul merito. Nel peggiore dei casi, poi, impedisce la realizzazione dell’originaria intenzione delle parti, ossia quella di avere le loro controversie risolte in arbitrato.

L’occasione per ricordare questo tema ci è data da una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. VI Civ., 14 ottobre 2016, n. 20880, disponibile qui).

Il caso deciso dalla Suprema Corte, in sintesi, è il seguente.

Una società italiana e una società nordamericana avevano concluso un contratto di distribuzione, relativo ad alcune attrezzature sportive prodotte dalla prima.

Il contratto conteneva una clausola compromissoria, così riportata nella sentenza di Cassazione: art. 29.1: “tutte le controversie che dovessero sorgere in relazione al presente contratto verranno definitivamente decise (…) da un Collegio composto da tre arbitri (…)“; art. 29.2: “il Tribunale competente avente giurisdizione è quello di Treviso“.

Sorta controversia in relazione a pretesi inadempimenti da parte della società nordamericana e alla conseguente risoluzione del contratto, la società italiana ha proposto le sue domande avanti il Tribunale di Treviso.

La società nordamericana, convenuta insieme ad altra società italiana (la posizione della quale non è chiarita nel testo della sentenza della Cassazione), ha sollevato exceptio compromissi, oltre a difendersi nel merito.

Il Tribunale di Treviso ha ritenuto sussistente la propria competenza e ha accolto nel merito le domande della parte attrice.

Il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di Treviso, in punto competenza, non è chiaramente indicato, ma dalla sentenza della Cassazione può essere ricostruito come segue: il contratto oggetto di causa conteneva una pattuizione ambigua (contemplava infatti sia un arbitrato sia un Giudice statale competente), sì che nel dubbio doveva darsi preferenza alla competenza del Giudice statale.

La parte soccombente ha impugnato la pronunzia del Tribunale di Treviso avanti la Suprema Corte.

La Cassazione ha ritenuto che il ragionamento del Tribunale di Treviso fosse erroneo, per una serie concorrente di ragioni:

  • il tenore della clausola compromissoria contenuta nel contratto concluso tra le parti in causa era perfettamente chiaro: desideravano che le loro controversie venissero risolte in arbitrato;
  • la menzione del Tribunale di Treviso quale Giudice competente può essere letta nel senso che questo Tribunale è competente per tutte le controversie non arbitrabili nonché per l’emissione delle misure non emanabili da un Tribunale Arbitrale (come i provvedimenti cautelari);
  • non è corretta l’affermazione del Tribunale d Treviso secondo la quale “il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione del giudice naturale così come prevista dalla Costituzione“, in quanto “la giurisdizione degli arbitri non è più un’eccezione o una deroga rispetto alla giurisdizione statale, ma un rimedio a questa perfettamente alternativo“.

La Suprema Corte ha quindi dichiarato la competenza del Tribunale Arbitrale previsto dalla clausola compromissoria pattuita dalle parti. In questo modo, ha consentito la realizzazione della loro originaria volontà, pur in presenza di una pattuizione ambigua anche alla luce del criterio ermeneutico di conservazione del contratto ex art. 1367 cod. civ.

La competenza del Giudice statale per le materie non arbitrabili o per l’emissione di provvedimenti cautelari è infatti fondata direttamente sulla legge, sì che la clausola contrattuale sopra descritta si presta – come in effetti si è prestata – a letture contrastanti. Una sua migliore formulazione avrebbe quindi risparmiato alle parti qualche anno di controversie su questioni processuali.

Maria Elena Armandola:
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