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Brevi riflessioni in tema di diritto al contraddittorio in arbitrato irrituale

La sentenza della Corte di Cassazione n. 18601/2023 (disponibile qui) offre lo spunto per alcune riflessioni in tema di attuazione del contraddittorio nell’arbitrato libero.

È ormai principio consolidato che l’arbitrato libero dia vita ad un procedimento, al pari dell’arbitrato rituale, dal quale differisce per il risultato: l’arbitro libero rende una decisione che fa luogo ad un contratto, mentre l’arbitro rituale rende una decisione che ha la stessa efficacia di una sentenza. A parte questa sostanziale differenza, i due tipi di arbitrato condividono la natura di procedimento in cui due o più parti si rivolgono ad un soggetto terzo per risolvere una questione sulla quale non riescono a trovare un accordo consensualmente.

Nel caso in esame, una parte in un arbitrato libero lamentava la violazione del contradditorio perché non le era stata notificata l’istanza per la nomina dell’arbitro nell’isituendo arbitrato. La Corte ritiene giustamente infondata la contestazione e coglie l’occasione per riprendere alcuni principi applicabili in materia.

Premessa fondamentale è la libertà di forme che caratterizza l’arbitrato, nel senso che spetta alle parti prevedere meccanismi formali particolari, ove ritenuti necessari: se previsti, questi diventano requisiti rilevanti ai fini della regolarità e validità del procedimento. La Corte ha infatti ritenuto che il rispetto del contraddittorio si abbia nella fase in cui le parti si confrontano di fronte all’arbitro nella presentazione delle loro ragioni: il contraddittorio è così individuato in chiave dinamico sostanziale, come complesso di opportunità offerte alle parti in modo da assicurare un identico e speculare set di occasioni per presentare il proprio caso. Questo assetto parte dal momento in cui le parti devono effettivamente misurarsi, in particolare dal momento in cui l’arbitro ha assunto il proprio incarico.

Data questa premessa, la fase in cui l’interessato si attiva per la nomina dell’arbitro non deve essere ritenuta compresa nel perimetro del rispetto del contraddittorio: è infatti la clausola arbitrale che prevede le modalità di individuazione dall’arbitro ed a questa deve essere fatto il necessario riferimento. Come si diceva, spetta alle parti individuare particolari procedimenti che prevedano la condivisione della fase della nomina: in difetto, ognuna può attivarsi per la nomina senza doverne dare immediata comunicazione all’altra. Sarà poi compito dell’arbitro comportarsi in modo che il contraddittorio venga correttamente attuato: questo potrà avvenire solo nel momento in cui ne abbia gli effettivi poteri, e cioè, successivamente all’accettazione dell’incarico. Ed in effetti, come arbitro, spetta a lui la “direzione” del procedimento, garantendo identiche opportunità.

Questa garanzia, tuttavia, non deve spingersi fino a ritenere che l’arbitro non possa procedere ove una parte rimanga inattiva anche se adeguatamente informata delle occasioni di contraddittorio: pertanto, chi rimane assente dalla procedura, nonostante le opportunità offerte, non può fare assurgere la propria inattività a motivo di violazione del contraddittorio.

Il riferimento all’accettazione dell’incarico come momento dal quale deve essere effettivo il contradditorio, offre lo spunto per esaminare un altro argomento sul quale la Suprema Corte si è espressa. Infatti, il ricorrente aveva sollevato il mancato rispetto del termine convenzionale per rendere il lodo quale ulteriore argomento di impugnazione. Ai fini che qui interessano, la questione era incentrata sul momento in cui si riteneva che l’arbitro avesse accettato l’incarico: secondo il ricorrente, l’accettazione era avvenuta nel momento in cui l’organo designante ai sensi della convenzione arbitrale aveva comunicato detta nomina dall’arbitro scelto.

La Corte, condividendo la decisione della Corte d’Appello, ha ritenuto che l’accettazione dovesse aversi per avvenuta in occasione della prima riunione e della sottoscrizione del relativo verbale. È una conclusione pienamente condivisibile: al momento della comunicazione della avvenuta nomina, il professionista designato si limita a manifestare una mera disponibilità all’accettazione dell’incarico, salvo il caso in cui abbia espressamente dichiarato di accettarlo e che i termini decorrano da quel momento. Se è vero che dall’accettazione dell’incarico decorre per l’arbitro il termine per rendere il lodo, è altrettanto vero che detto termine deve essere tale da consentire alle parti di presentare adeguatamente le proprie pretese: è evidente che far decorrere il termine da quella comunicazione comporta sicuramente un sacrificio al diritto al contraddittorio, dal momento che i tempi della procedura sarebbero ridotti in ragione della necessità dell’arbitro di raccogliere quel minimo di informazioni necessarie per avviare la procedura e per valutare la ricorrenza di eventuali ragioni che potrebbero imporgli di astenersi dall’accettazione dell’incarico.

Nella prassi, l’arbitro designato è solito comunicare la propria accettazione della nomina, riservando espressamente la formale accettazione, e conseguentemente l’inizio del decorso del termine, alla prima riunione con le parti.

Luigi Capucci:
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