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Precedente vincolante?

Il sistema giuridico italiano è un sistema di civil law in cui non vige il principio del precedente vincolante.

D’altronde, è da tempo in atto un processo di avvicinamento dei sistemi di common law e civil law: da un lato, nei sistemi di common law, in considerazione del sempre maggior corpus di statutory law; dall’altro lato, nei sistemi di civil law, per il sempre più importante ruolo assegnato ai precedenti giurisprudenziali (sull’argomento è molto interessante la monografia Interpreting precedents: a comparative study, curata da MacCormick e Summers, che contiene scritti anche del nostro Michele Taruffo).

Mi pare di poter leggere in questa prospettiva di avvicinamento una recente pronunzia della nostra Cassazione (Sez. III Civ., ordinanza 3 ottobre 2019 n. 24649, disponibile qui), che sicuramente farà discutere.  E di cui voglio brevemente parlare anche su questo blog: sebbene non riguardi direttamente il tema dell’arbitrato, mi pare egualmente di grande rilevanza.

La vicenda decisa dalla Suprema Corte riveste, nel caso di specie, poco interesse.

Ciò che è invece interessante è un principio enunciato, a quel che mi risulta per la prima volta, dalla Corte di Cassazione: quello secondo il quale costituisce colpa grave (valutabile ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.) il comportamento di chi agisca o resista in giudizio sostenendo una tesi contraria a un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Si tratta di una affermazione veramente forte, che portata alle sue estreme conseguenze mi pare comporti l’affermazione del carattere vincolante dell’orientamento giurisprudenziale consolidato.

Si tratta di capire come, in un simile contesto, possa evolvere l’interpretazione giurisprudenziale e come una tale affermazione possa coordinarsi con i principi del nostro ordinamento e con precise norme processuali (come ad esempio quella di cui all’art. 360-bis n. 1 cod. proc. civ., che commina l’inammissibilità al ricorso in Cassazione che non offre elementi per mutare o confermare l’orientamento della giurisprudenza della Corte e quindi implicitamente ammette la possibilità di ricorrere in Cassazione, sostenendo una tesi contraria a un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, portando argomenti idonei a contrastarlo).

E si tratta, ancor prima, di capire se questa pronunzia resterà isolata, oppure se costituirà il primo mattone di una nuova costruzione dogmatica.  In quest’ultimo caso, tornerò sicuramente a occuparmene.

Roberto Oliva:
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