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Contratto preliminare e clausola compromissoria

Il contratto preliminare conteneva una clausola compromissoria, che però non viene riprodotta nel definitivo.  Nondimeno, le controversie relative a quest’ultimo sono devolute alla cognizione arbitrale.  In tal senso, si è recentemente espressa la Corte di Appello di Venezia (C. Appello Venezia, Sez. I Civ., 12 ottobre 2015, n. 2361, disponibile qui).

Era insorta, tra le parti di un contratto di cessione di quote sociali, una controversia relativa alla determinazione del saldo del prezzo dovuto dall’acquirente ai venditori.

I venditori hanno quindi promosso il procedimento arbitrale previsto dall’art. 7 del contratto preliminare; procedimento che si concludeva con la condanna dell’acquirente a pagare il saldo del prezzo della cessione, così come determinato dal Tribunale arbitrale.

L’acquirente ha impugnato il lodo, deducendo svariati motivi di nullità: carenza di potestas iudicandi in capo al Tribunale arbitrale, contraddittorietà della motivazione, ultrapetizione e conseguente violazione del contraddittorio.

Tra i temi sollevati, il più interessante – e non a caso quello su cui più lungamente si sofferma la Corte di Appello – è relativo alla pretesa carenza di potestas iudicandi del Tribunale arbitrale, che sarebbe conseguenza del fatto che la clausola compromissoria, contenuta nel contratto preliminare, non era stata riprodotta nel definitivo.

La sentenza della Corte di Appello non chiarisce se la parte impugnante avesse già contestato nel corso del procedimento arbitrale l’incompetenza del Tribunale arbitrale, siccome è suo onere fare ai sensi dell’art. 817, co. 2, cod. proc. civ. (“(…) La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile“).  Poiché però la Corte esamina il motivo di impugnazione in parola, che rigetta in quanto infondato nel merito, immagino che la relativa eccezione fosse stata tempestivamente formulata nel corso del procedimento arbitrale.

La doglianza – come accennato – è stata respinta dalla Corte di Appello di Venezia.  Quest’ultima, infatti, ha seguito l’orientamento della Suprema Corte, la quale ritiene che “la validità e, quindi, anche l’efficacia, della clausola compromissoria devono essere valutate in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce.  Ne consegue che la clausola compromissoria contenuta in un preliminare di compravendita sopravvive, sebbene non riprodotta nel contratto definitivo, trattandosi di contratto autonomo avente funzione distinta dal contratto preliminare” (Cass., Sez. I Civ., 31 ottobre 2011, n. 22608, disponibile qui).

Nella vicenda sottoposta all’esame della Cassazione e decisa con la pronunzia appena richiamata, una volta escluso, in astratto, che la mera mancata riproduzione nel contratto definitivo della clausola compromissoria contenuta nel preliminare fosse circostanza di per sé idonea a privare di efficacia tale clausola, era pure stato appurato, in concreto, che la controversia decisa con il lodo impugnato rientrava nell’ambito oggettivo della clausola compromissoria.  Questa verifica è invece assente nella sentenza in commento e, in effetti, essa ben potrebbe essere ritenuta pleonastica, in ragione del favor arbitrati di cui all’art. 808/quater cod. proc. civ. (“Nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce“).

Roberto Oliva:
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