La recente pubblicazione di due pronunce di merito (Trib. Civitavecchia, 7 gennaio 2021, n. 2, disponibile qui; e Trib. Brindisi, 5 gennaio 2021, n. 22, disponibile qui) offre l’occasione per ricostruire lo stato dell’arte in merito all’applicabilità della disciplina dell’arbitrato societario ai consorzi.

Tenendo in considerazione il chiaro dettato dell’art. 34 d.lgs. 5/2003, che delimita alle ‘società’ l’ambito di applicazione soggettivo della disciplina dell’arbitrato societario, pare naturale porsi la seguente questione: quid iuris dei fenomeni imprenditoriali collettivi che non rientrano nella categoria degli enti societari, quali appunto i consorzi?

Nella sentenza n. 2/2021, il Tribunale di Civitavecchia ha statuito in merito ad un’eccezione di arbitrato sollevata dal ‘Consorzio fra lottisti Voltunna di Marina Velca’ nella causa avviata contro quest’ultimo da alcuni consorziati.  In particolare, gli attori sostenevano che la clausola inserita nello statuto associativo fosse nulla in quanto prevedeva che ciascuna parte consorziata in lite avesse diritto di nominare un arbitro del collegio.  Secondo la ricostruzione dei consorziati, dunque, tale clausola statutaria avrebbe violato il dettato dell’art. 34, co. 2, d.lgs. 5/2003, che impone che la nomina degli arbitri venga rimessa integralmente a soggetti estranei all’ente.  Il giudice laziale ha accolto l’eccezione di arbitrato affermando la validità della clausola compromissoria, in quanto quest’ultima non poteva ritenersi assoggettata ai requisiti della disciplina prevista per l’arbitrato societario.  Come motivato succintamente dal Tribunale, trattandosi di c.d. consorzio di urbanizzazione, al relativo statuto consortile non avrebbe potuto applicarsi la normativa speciale prevista per le società, bensì la diversa disciplina dettata in materia di associazioni e comunione.

Con motivazione altrettanto sintetica, la decisione qui analizzata del Tribunale di Brindisi pare interpretare diversamente il rapporto esistente tra disciplina dell’arbitrato societario e consorzio.  In tale statuizione il giudice salentino ha rigettato l’eccezione di arbitrato avanzata da un consorziato del ‘Consorzio Glob. Tec.’ in una controversia avviata contro tale consorziato e contro l’ente stesso da altri partecipanti al consorzio.  Il Tribunale ha accertato la nullità della clausola compromissoria contenuta nell’art. 26 dello statuto del consorzio per contrarietà al disposto di cui all’art. 34, co. 2, d.lgs. 5/2003, in quanto tale previsione statutaria non prevedeva che la nomina degli arbitri venisse integralmente rimessa a soggetti esterni al consorzio.  La decisione in esame sembrerebbe dunque fondarsi sul presupposto che il consorzio (che non risulta dal testo della sentenza essere costituito in forma societaria) rientri nell’ambito soggettivo di applicazione del d.lgs. 5/2003. Tuttavia, tale tesi giuridica risulta non condivisa dall’orientamento giurisprudenziale maggioritario.

Al fine di inquadrare correttamente le pronunce in epigrafe nel solco della giurisprudenza che le ha precedute occorre precisare le tipologie di consorzi qui prese in considerazione, nonché l’applicabilità alle stesse della disciplina dell’arbitrato societario.

Il consorzio con attività interna è disciplinato dagli artt. 2602-2611 cod. civ. e costituisce un’organizzazione comune di imprenditori, di natura contrattuale, finalizzata alla regolazione delle reciproche produzioni, ovvero alla programmazione di determinati segmenti delle rispettive fasi produttive.  Tale forma di contratto consortile deve ritenersi assoggettata alla disciplina delle associazioni e pertanto non rientra nella sfera soggettiva di applicazione del d.lgs. 5/2003.  La natura dei rapporti tra i consorziati è infatti assimilabile a quella dei contratti plurilaterali e quindi soggetta alla regolamentazione codicistica dell’arbitrato comune ex art. 806 ss. cod. proc. civ.

Il consorzio con attività esterna è invece disciplinato dagli artt. 2612-2615-bis cod. civ.  L’associazione in parola si caratterizza per l’istituzione di un ufficio destinato a svolgere attività con i terzi.  Non risulta pacifica l’opinione secondo la quale la disciplina ex d.lgs. 5/2003 non possa applicarsi al consorzio con attività esterna.  A tal riguardo potrebbe infatti apparire labile la differenza sussistente tra un ente con struttura societaria (cui certamente si applica l’arbitrato societario) ed un ente collettivo che svolga un’attività organizzata nei confronti di soggetti terzi (in tal senso Cerrato, Dalle «società» alle «organizzazioni collettive»: una possibile traiettoria evolutiva dell’«arbitrato societario»?, in Riv. arb., p. 329 ss.).  I giudici di legittimità hanno tuttavia propeso per l’esclusione del consorzio ‘esterno’ dalla sfera di applicazione del d.lgs. 5/2003 (v.si Cass., Sez. VI Civ., 28 settembre 2020, n. 20462).

Le società consortili sono disciplinate all’art. 2615-ter cod. civ.  Si tratta di società che perseguono il fine consortile ex art. 2602 cod. civ., mediante l’adozione di qualunque tipo sociale.  Rispetto a tali enti, pare sufficiente dare atto dell’unanime consenso dottrinale e giurisprudenziale circa la legittimità di clausole compromissorie inserite negli statuti dei consorzi con forma societaria (Cass., Sez. VI Civ., 31 ottobre 2018, n. 27736; Dalmotto, L’arbitrato nelle società, Bologna, 2017, p. 75).

I consorzi atipici, infine sono frutto dell’autonomia contrattuale e regolamentati dalla volontà dei consorziati.  Tra questi, va ricordato il c.d. consorzio di urbanizzazione: si tratta di consorzio costituito fra i proprietari (non necessariamente qualificabili come imprenditori) di più edifici situati nella medesima aree territoriale con il fine di realizzare un servizio o un impianto comune. La recente giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. I Civ., 13 aprile 2017, n. 9568) ha finalmente chiarito la natura giuridica di tale ente e la disciplina ad esso applicabile, affermandone l’assimilabilità alla fattispecie dell’associazione non riconosciuta.  Rispetto a tali enti atipici, pare indubbia l’inapplicabilità della disciplina dell’arbitrato societario.  Qualificando infatti la natura dei consorzi tra proprietari di immobili come associazioni non riconosciute, la conclusione necessaria non può che essere l’esclusione di tale forma consortile dall’ambito applicativo del d.lgs. 5/2003.

A valle di questa lunga premessa, risultano ora più facilmente inquadrabili le pronunce dei Tribunali di Civitavecchia e Brindisi qui analizzate.

Il Tribunale di Civitavecchia ha dato seguito all’orientamento secondo cui il consorzio di urbanizzazione debba ritenersi disciplinato (in assenza di diversa e specifica pattuizione dei consorziati) dalle norme in materia di associazioni non riconosciute.  Il portato ineccepibile di tale premessa è che il consorzio di urbanizzazione non risulta soggetto alle rigide prescrizione dell’art. 34 d.lgs. 5/2003 circa i requisiti della clausola compromissoria in materia di nomina degli arbitri.  Di conseguenza, appare coerente la statuizione del giudice laziale, laddove ha escluso la nullità della clausola e accolto l’eccezione di arbitrato, dichiarando l’improponibilità della domanda.

La decisione del Tribunale di Brindisi suscita invece maggiori perplessità, essendosi i giudici salentini apparentemente discostati dall’orientamento maggioritario che esclude l’assoggettabilità del consorzio non costituito in forma societaria dalla disciplina dell’arbitrato societario.  Il Tribunale salentino ha infatti riconosciuto l’applicabilità della norma ex art. 34 d.lgs. 5/2003 alla clausola compromissoria contenuta nello statuto del consorzio, accertandone quindi la nullità per violazione delle prescrizioni previste dalla norma stessa.  Non risulta conferente il richiamo operato dal Tribunale di Brindisi ad una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., Sez. VI Civ., 9 ottobre 2017, n. 23485), nella quale si sancisce sì la nullità della clausola compromissoria non aderente al dettame dell’art. 34 d.lgs. 5/2003, ma tale valutazione dei giudici di legittimità è specificatamente riferita ad uno statuto di società a responsabilità limitata, circostanza che non pare rinvenibile nel caso esaminato dal tribunale salentino.

L’apparente contrasto della sentenza del Tribunale di Brindisi rispetto all’orientamento maggioritario sopra descritto, unitamente alla sinteticità della motivazione, lasciano dubitare che questa pronuncia possa imporsi come pietra d’angolo di un nuovo filone giurisprudenziale. 

In conclusione, la ricognizione qui svolta circa i confini di applicabilità tra istituto del consorzio e arbitrato societario pare potersi riassumere nelle seguenti considerazioni.  La disciplina dell’arbitrato societario ai sensi del d.lgs. 5/2003 è applicabile alle società consortili, ma non ai consorzi con attività interna o esterna.  I consorzi di urbanizzazione sono invece enti collettivi qualificabili come associazioni non riconosciute e pertanto non soggiacciono alla disciplina dell’arbitrato societario, bensì a quella civilistica dell’arbitrato comune ai sensi dell’art. 806 e ss. cod. proc. civ.

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