Il 2020 di Arbitrato in Italia

Roberto Oliva

Fiumi d’inchiostro, parole retoriche e attente considerazioni sono state spese per descrivere quanto è stato tragico e particolare l’anno 2020.

Non intendo unirmi a questo coro; desidero però soffermarmi su due aspetti, che meritano a mio avviso l’attenzione dei lettori di questa rivista.

Innanzi tutto, nel corso dell’anno 2020 Arbitrato in Italia, nato nel 2015 come blog, si è trasformato in rivista. Questa trasformazione, che implica una gestione e una redazione partecipata dei contenuti editoriali, è il punto di arrivo di un percorso, e il punto di partenza di un altro, nuovo, percorso.

Nei cinque anni in cui Arbitrato in Italia è stato un blog, esso si è fatto conoscere da una nicchia di operatori. I suoi visitatori sono passati dalla poche centinaia del 2015 alle decine di migliaia del 2019 e ancora di questo 2020. I lettori di Arbitrato in Italia hanno potuto leggere dei più recenti orientamenti in materia arbitrale, così come delle riconferme di orientamenti consolidati, sugli argomenti i più vari, dal rapporto tra arbitrato e procedimenti monitori al complesso tema dell’arbitrato irrituale societario, o ancora dell’arbitrato societario con sede all’estero.

Il percorso che ora ci attende è quello che conduce all’ambizioso obiettivo di far sì che questa rivista possa costituire, in Italia e all’estero, il punto di riferimento per quanti vogliano approfondire il tema dell’arbitrato, domestico e internazionale, nel nostro Paese.

Per questo motivo, la trasformazione del blog in rivista ha mantenuto invariato un aspetto di fondamentale importanza: tutti i contenuti editoriali di Arbitrato in Italia sono liberamente accessibili.

Ciò detto per quanto riguarda questa rivista, un’altra osservazione ci viene imposta al termine di questo tragico anno.

Abbiamo assistito in numerosi ordinamenti – e tra questi in Italia – a un rallentamento, quando non a periodi di quasi completo blocco della giustizia stuatuale. A fronte della pandemia, e in considerazione delle misure di distanziamento sociale adottate per contenerla, gli Stati non sono più stati in grado di garantire il regolare funzionamento dell’amministrazione della giustizia.

L’arbitrato invece non si è fermato, i procedimenti arbitrali sono preseguiti, la comunità arbitrale, in Italia e all’estero, ha saputo individuare meccanismi procedurali per garantire sia il contraddittorio che l’efficienza procedimentale.

Sul tema, consiglio la lettura del bel volume curato da Maxi Scherer, Niuscha Bassiri e Mohamed S. Abdel Wahab: International Arbitration and the COVID-19 Revolution, pubblicato da Wolters Kluwer.

Anche in questi tempi difficili, lo strumento arbitrale ha dimostrato la sua capacità di realizzare l’interesse delle parti e di farlo meglio di quanto molte volte possano farlo i Tribunali statuali.

Un’affermazione che, in questo spazio, abbiamo iniziato a fare dal 2015. E che continueremo a fare ancora.

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