Roberto Oliva

Un recente provvedimento del Tribunale di Catania (sentenza n. 4041 del 19 luglio 2016, disponibile qui) si è soffermato sul tema del rapporto tra arbitrato societario e tutela cautelare ed è particolarmente interessante per il suo potenziale impatto.

Questa, in sintesi, la vicenda.

Il socio di una società a responsabilità limitata ha impugnato talune deliberazioni assunte da quest’ultima (di approvazione del bilancio, aumento del capitale sociale e trasferimento della sede legale).

La società convenuta si è costituita in giudizio e, oltre a difendersi nel merito, ha sollevato eccezione di compromesso in relazione all’impugnazione delle deliberazioni di aumento di capitale e trasferimento della sede legale, in quanto lo statuto della società conteneva una clausola compromissoria.  La stessa eccezione non è stata invece sollevata con riferimento all’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio e ciò nonostante i vizi lamentati dalla parte attrice fossero di carattere procedimentale (e quindi tali da consentire la cognizione da parte di un Tribunale Arbitrale, che invece è esclusa – almeno secondo l’attuale prevalente giurisprudenza – ove i vizi denunziati riguardino il contenuto del bilancio: del tema, abbiamo parlato in passato; ad esempio, in questo post, in questo e in quest’altro ancora).

Il Tribunale di Catania ha quindi dichiarato – con riferimento alle impugnazioni delle deliberazioni di aumento di capitale e trasferimento della sede sociale – la propria incompetenza, in favore del Tribunale Arbitrale previsto dalla clausola compromissoria statutaria.  Nel far ciò, si è però anche soffermato sul tema della competenza del Giudice statale a emettere un provvedimento cautelare di sospensione delle deliberazioni impugnate nelle more della costituzione del Tribunale Arbitrale.  Questa competenza, ad avviso del Tribunale di Catania, non sussiste.

Dell’argomento avevo parlato in questo post, commentando una pronunzia del Tribunale di Milano che è giunta a conclusioni opposte.  

In materia di arbitrato societario, la legge attribuisce al Tribunale Arbitrale il potere di sospendere le deliberazioni assembleari impugnate (art. 35, co. 5, d.l.gs 17 gennaio 2003, n. 5: “La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’articolo 669/quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera“).  In altri termini, la legge attribuisce al Tribunale Arbitrale un potere cautelare che, di regola, non ha nel nostro ordinamento.  Nell’arbitrato di diritto comune, infatti, gli arbitri non hanno poteri cautelari (art. 818 cod. proc. civ.) e la tutela d’urgenza si chiede quindi al Giudice statale (art. 669/quinquies cod. proc. civ.).  

L’interrogativo che si pone concerne quindi il carattere della competenza cautelare degli arbitri nell’arbitrato societario: si tratta di una competenza esclusiva (che esclude ossia la competenza del Giudice statale) oppure di una competenza concorrente?  La soluzione cui è pervenuto il Tribunale di Milano (e che altri Giudici di merito hanno condiviso) è nel senso che questa competenza sia attribuita, in via esclusiva, al Tribunale Arbitrale una volta che esso sia costituito.  Prima della sua costituzione, però, la competenza cautelare spetta al Giudice statale: altrimenti, le parti sarebbero private di uno strumento di tutela tanto energica quanto, sovente, necessaria.

Il Tribunale di Catania non sembra invece essere preoccupato dal possibile vuoto di tutela, che a suo avviso costituirebbe conseguenza della scelta delle parti di deferire agli arbitri le controversie societarie: “la scelta statutaria cristallizzata nella clausola compromissoria presuppone la consapevole preferenza per la forma di tutela arbitrale, che presenta tempi di responso – anche nella fase cautelare – necessariamente diversi da quelli pronosticabili innanzi al giudice ordinario“.

Questo orientamento del Tribunale di Catania è peraltro ormai consolidato: ne dà atto la sentenza in commento, che richiama pure due precedenti in senso conforme (Trib. Catania, 14 novembre 2013 e Trib. Catania, 14 ottobre 2005).

A fronte di questo orientamento, che al momento mi risulta essere seguito dal solo Tribunale di Catania, ma che potrebbe emergere anche in altre Sezioni Specializzate, mi sono interrogato sulle soluzioni disponibili per le parti.

Numerosi regolamenti arbitrali prevedono specifiche disposizioni in tema di arbitrato d’urgenza: penso ad esempio, in Europa, all’International Chamber of Commerce (art. 29 del Regolamento di arbitrato dell’ICC e Appendice V dello stesso); alla Stockholm Chamber of Commerce (Appendice II del Regolamento arbitrale della SCC); all’Istituzione Arbitrale delle Camere Svizzere (art. 43 del Regolamento svizzero d’arbitrato internazionale); e in Asia al Singapore International Arbitration Centre (art. 26 e Schedule 1 del Regolamento SIAC attualmente in vigore, che corrispondono all’art. 30 e alla Schedule 1 del Regolamento che entrerà in vigore il primo agosto 2016) e allo Hong Kong International Arbitration Centre (art. 23 e Schedule 4 del Regolamento HKIAC).

Tutti questi regolamenti prevedono la costituzione di uno specifico Tribunale Arbitrale, competente solo a pronunziare sulle richieste di provvedimenti d’urgenza, all’esito di una procedura snella e rapida.

Nel nostro ordinamento, simili disposizioni non sembravano necessarie (e forse neanche utili), vuoi per la generale assenza di poteri cautelari in capo agli arbitri, vuoi per la soluzione adottata dalla prevalente giurisprudenza per i casi di arbitrato societario, ove invece tali poteri sono previsti.  Se però si diffondesse l’orientamento del Tribunale di Catania, la prospettiva cambierebbe in maniera significativa.

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