Roberto Oliva

Una recente pronunzia del Tribunale di Genova (n. 1325 del 14 aprile 2016, disponibile qui) consente di svolgere una riflessione sul tema dell’eccezione di compromesso e della sua qualificazione.

La vicenda oggetto del giudizio è, in estrema sintesi, la seguente.

Il socio (e amministratore ) di una società a responsabilità limitata ha promosso azione di responsabilità nei confronti di altro amministratore.  Quest’ultimo ha sollevato exceptio compromissi e chiesto al Tribunale di Genova di pronunziare l’inammissibilità della domanda avversaria, poiché lo statuto sociale prevedeva a suo dire una clausola compromissoria per arbitrato irrituale.

La clausola compromissoria in parola, riportata integralmente nel testo della pronunzia del Tribunale di Genova, è la seguente: “Tutte le controversie tra i soci oppure tra i soci e la società, gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, aventi per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, sono risolte da un arbitro nominato dal Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti del Distretto nel cui ambito ha sede la società, entro trenta giorni dalla richiesta avanzata in forma scritta dalla parte più diligente. La sede dell’arbitrato è stabilita nell’ambito della Provincia in cui ha sede la società, dall’arbitro nominato. L’arbitro procede in via irrituale, con dispensa da ogni formalità di procedura e decide secondo diritto entro novanta giorni dalla nomina, senza obbligo al deposito del lodo, pronunciandosi anche sulle spese dell’arbitrato“.

Il Tribunale di Genova, nonostante le espressioni impiegate nella clausola compromissoria (“L’arbitro procede in via irrituale, con dispensa da ogni formalità di procedura (…)“), ha ritenuto che essa prevedesse un arbitrato rituale.  Ad avviso del Giudice statale, infatti, non era possibile desumere, dalla lettura di questa clausola, la volontà delle parti di pattuire un arbitrato irrituale (ossia un arbitrato destinato a concludersi con un lodo che rappresenta una mera determinazione contrattuale e non un provvedimento decisorio, idoneo al giudicato e a costituire titolo esecutivo).  Ben al contrario, l’impiego nel contesto della clausola del verbo “risolvere” (“Tutte le controversie (…) sono risolte (…)“) deponeva a favore del carattere rituale dell’arbitrato, poiché – anche da un punto di vista semantico – richiamava la presenza di una decisione avente l’efficacia di cui all’art. 824/bis cod. proc. civ. (“(…) il lodo ha (…) gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria“), tanto più se si considera che questa “risoluzione” doveva avvenire “secondo diritto“.  L’arbitrato previsto dalla clausola statutaria in parola, quindi, sarebbe secondo il Tribunale di Genova irrituale solo quanto alle modalità procedimentali.

Poiché però la parte che aveva sollevato l’exceptio compromissi aveva chiesto al Giudice statale di dichiarare l’inammissibilità dell’azione avversaria, ritenendo che l’arbitrato di cui alla clausola statutaria fosse un arbitrato irrituale, il Tribunale di Genova ha respinto l’eccezione e disposto la continuazione della causa.

La pronunzia del Tribunale di Genova può essere valutata positivamente per il suo dichiarato intento di seguire l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo il quale – in caso di dubbio – la clausola compromissoria va interpretata come clausola che prevede un arbitrato rituale (sul punto, si può vedere, ad esempio, Cass., Sez. I Civ., 7 aprile 2015, n. 6909, disponibile qui).

Questa sentenza è però a mio avviso criticabile sotto due profili.

Innanzi tutto, non mi pare che la clausola compromissoria esaminata dal Tribunale di Genova possa far sorgere dubbi interpretativi: è la stessa clausola ad affermare che l’arbitrato da essa previsto è un arbitrato irrituale.  E l’arbitrato irrituale è solo quello di cui all’art. 808/ter cod. proc. civ. Non mi sembra infatti convincente la ricostruzione del Giudice statale, che ha ravvisato la sussistenza, nella fattispecie, di un arbitrato irrituale limitatamente “alle modalità procedimentali“.  A dire il vero, non mi è neanche chiaro in cosa questo particolare arbitrato (irrituale quanto alla procedura) si differenzi da un qualsiasi arbitrato ad hoc, in cui come noto le parti – e nel loro silenzio gli arbitri – sono gli unici sovrani del procedimento e delle sue regole (art. 816/bis cod. proc. civ.).

Inoltre, ritengo che il Tribunale di Genova avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di compromesso.  Il Giudice l’ha rigettata poiché era stata chiesta una declaratoria di inammissibilità (conseguente alla pattuizione di un arbitrato irrituale), anziché di incompetenza (che discende da una clausola per arbitrato rituale).  Così facendo, però, il Tribunale ha dimenticato, mi pare, la sua libertà di qualificare le domande e le eccezioni delle parti e quindi di far discendere dai fatti da queste allegati (nella specie, la stipulazione di una clausola compromissoria nello statuto sociale) le conseguenze a suo avviso giuridicamente corrette (ossia, sempre nella specie, la declaratoria di incompetenza in favore del Tribunale arbitrale), in applicazione del principio iura novit Curia.

Avremo quindi forse in futuro l’occasione di leggere ancora di questa vicenda.

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